ilNapolista

Biaggi: «Da piccolo volevo fare il calciatore. Fino a diciassette anni non sapevo nulla di moto»

A Libero: «Non sapevo neppure che esistessero dei campionati di motoclismo. Poi, un pomeriggio, mentre stavo al bar con gli amici, arriva uno di loro con la sua moto fiammante. Rimasi folgorato»

Biaggi: «Da piccolo volevo fare il calciatore. Fino a diciassette anni non sapevo nulla di moto»

«Sono cresciuto in un ambiente dove si respirava calcio. Volevo fare il calciatore». Così Biaggi, campione di MotoGp, inizia a raccontare a Libero come si è avvicinato al mondo delle moto.

Max, tu da ragazzino non ci pensavi alle moto, giocavi a calcio. È vero?
«Verissimo. Sono cresciuto in un ambiente dove si respirava calcio. Mio padre allenava una squadra giovanile della zona. Mi ero  appassionato e volevo fare il calciatore».

Come sono entrate poi le moto nella tua vita?
«Fino a diciassette anni non sapevo nulla di moto. Non sapevo neppure che esistessero dei campionati di motoclismo. Poi,un pomeriggio,mentre stavo al solito bar con gli amici, arriva uno di loro con la sua moto fiammante, la livrea, la tuta, il casco, i guanti… Rimasi folgorato».

E cosa hai fatto?
«Gli chiesi se potevo accompagnarlo alla pista di Vallelunga dove correva. Rimasi a guardarlo girare in pista affascinato».

Un colpo di fulmine?
«Nel vero senso della parola. Arrivato a casa raccontai la giornata a mio padre e gli chiesi di comprarmi una moto».

Cosa le disse suo padre?                                                                                                                                                                                                  «Mi disse questa frase che non scorderò mai: “Ok Max, la moto te la compro ma ad una sola condizione: solo dopo che avrai racimolato i soldi per poterti compare gli accessori”. Ed erano costosissimi».

Come hai fatto a mettere su quel gruzzolo?
«In quel periodo studiavo. L’unico modo era trovare velocemente un lavoretto che mi consentisse di guadagnare e raggiungere la cifra necessaria».

Biaggi: «Devo tutto alla mia perseveranza»

Il racconto della prima volta in sella
«Iniziai a girare, a provarla, a fare rettilinei e curve. Mio padre mi guardava divertito. A un certo punto gli si avvicinò un amico che gli disse: “Pietro, da quanto corre tuo figlio?”. “È il primo giorno che sale su una moto”. L’amico era Alberto Ieva, campione italiano delle 50 cc. E disse a mio padre: “Ferma tuo figlio, devo parlargli”».

E tuo padre?
«Mi chiese di accostare e mi presentò Alberto che senza tanti giri di parole mi disse: “Vedi queste tre curve in sequenza? Tu sbagli perché vai troppo veloce sulla prima, penalizzi la seconda, esci piano alla terza. Puoi fare molto meglio. Prendici la mano, attento a non cadere e fammi vedere cosa sai fare”».

E tu cosa hai fatto?
«Dopo due, tre giri, feci tutto ciò che mi aveva detto. Controllò il cronometro e constatò ero sceso tantissimo di tempo. Prese mio padre e gli disse: “Tuo figlio deve correre! Ha talento. Fallo correre”».

Mi dici come sei riuscito in così poco tempo a passare dal non conoscere il cambio di una moto a diventare un campione? Solo talento?
«La mia perseveranza è stata quasi diabolica. Ho cambiato radicalmente la mia vita. Basta uscite, basta discoteche pomeridiane con gli amici. Solo Vallelunga e ore e ore inchiodato a guardare filmati di moto cercando di recuperare il tempo che avevo perso».

ilnapolista © riproduzione riservata