Sacchi: «Berlusconi disse alla squadra: “mi fido di Arrigo. Chi non lo seguirà, se ne andrà”»

Alla Milano Football Week: «Abbiamo cercato di difendere lo stile. Lo stile è una cosa importante, perché ti dà un orgoglio di appartenenza»

Berlusconi superlega

1989 archivio Storico Image Sport / Milan / Arrigo Sacchi-Silvio Berlusconi / foto Imago/Image Sport

Durante la Milano Football Week sono stati intervistati anche Arrigo Sacchi e la leggenda rossonera Frank Rijkaard. I due hanno parlato del Milan dei tre olandesi, che all’inizio ne vedeva solo due: Gullit e Van Basten. L’innesto di Rijkaard fu decisivo e storico per la squadra, che la portò a vincere in Europa ed entrare nella storia.

Il primo aneddoto interessante è legato a Claudio Borghi, l’argentino che al Milan arrivò nel 1987, ma non riuscì a giocare neanche una partita in rossonero. Al suo posto, l’anno dopo, arrivò il terzo degli olandesi.

«Borghi non era funzionale per il nostro gioco, era un buon giocatore ma non c’entrava nulla con quel Milan».

Berlusconi era convinto che Borghi fosse un grande giocatore, l’ultimo acquisto valido per rendere il Milan una macchina di vittorie. Sacchi però era convinto che non fosse lui il terzo nome di quel Milan di leggende. Le sue intuizioni e la sua semplicità portarono il presidente a fidarsi:

«Berlusconi era un grande presidente, fece un intervento che durò venticinque secondi. Ci fece salire tutti nella sala vicino il suo studio. Entrò, ci diede il buongiorno e poi disse: “Io mi fido di Arrigo, chi di voi lo seguirà rimarrà e chi non lo seguirà se ne andrà, buon lavoro a tutti”. E perdemmo solo una partita contro la Roma».

Un Milan che poi è entrato nella storia, inserito nel podio delle più grandi squadre della storia del calcio:

«Quando il Milan dell’89 venne nominato la migliore squadra della storia, dissi ai miei giocatori se buttare la palla in avanti valeva lo stesso. Abbiamo cercato di difendere lo stile. Lo stile è una cosa importante, perché ti dà un orgoglio di appartenenza. Pure nelle amichevoli dicevo loro che eravamo il Milan».

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