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Peccato per Napoli e il Napoli. Adesso, però, le istituzioni se ne stiano al posto loro

La Salernitana rovina la festa a otto minuti dalla fine. Dispiace ma è una lezione: il destino non va forzato. E Napoli non è una città di selvaggi

Peccato per Napoli e il Napoli. Adesso, però, le istituzioni se ne stiano al posto loro
Napoli's Nigerian forward Victor Osimhen reacts during the Italian Serie A football match between Napoli and Salernitana on April 30, 2023 at the Diego-Maradona stadium in Naples. - Naples braces for its potential first Scudetto championship win in 33 years. With a 17 point lead at the top of Serie A, southern Italy's biggest club is anticipating its victory in the Scudetto for the first time since 1990. (Photo by Andreas SOLARO / AFP)

Il destino non ha voluto che la data fosse il 30 aprile. Forse il dio del calcio si è infastidito per l’evidente forzatura cui abbiamo assistito in questi giorni. Con un teatrino di cui avremmo fatto volentieri a meno. Il dio del calcio ha affidato il suo disappunto al sinistro di Boulaye Dia che al minuto 84 ha gelato il Maradona e tutti i tifosi del Napoli nel mondo. Era tutto pronto per la grande. “Era stato tutto apparecchiato”, per dirla alla Maurizio Sarri (che stavolta aveva ragione da vendere). E sembrava anche fatta. Perché la Lazio era crollata 3-1 a San Siro contro l’Inter e al minuto 62 Olivera di testa ha segnato quello che sembrava avere tutte le sembianze del gol scudetto. Non è andata così. Una piccola distrazione, il Napoli si è trovato scoperto a destra, Dia ha superato Osimhen e poi ha segnato alla Dirceu. Amen.

I calciatori e Spalletti non lo meritavano. Nemmeno i tifosi. Anche se, chiariamo, c’è da attendere giusto qualche giorno. Ora il Napoli ha 18 punti di vantaggio sulla Lazio a sei giornate dal termine. Anche se adesso rientra in gioco anche la Juve che stasera potrebbe portarsi a meno 17. Adesso però, per cortesia, non toccate niente. Lasciate che il calendario faccia il proprio corso. Ogni forzatura può diventare nociva. Senza dimenticare che, nonostante il presunto problema di ordine pubblico, l’evento festa al Maradona lo avrebbe trasmesso in esclusiva Dazn. Segno che tutta questa necessità di tenere le persone lontane dalla strada, evidentemente non c’era.

Come avrebbe scritto Gianni Mura, si è indignata la carta. Perché non bisogna mai esagerare. Non si calpestano i diritti altrui (quelli delle altre squadre, delle tv che hanno acquistato i diritti, dei cittadini che avevano acquistato il biglietto e prenotato treni, arerei e hotel per una partita che si sarebbe dovuta giocare di sabato) per un capriccio. Per allestire la festa. Come se l’evento fosse la festa. Come se solo a Napoli si festeggiasse. L’evento – ricordiamolo – è lo scudetto. L’impresa, l’impresa storica, la grandissima impresa, è aver vinto il campionato. La festa è un accessorio. Per quanto meraviglioso possa essere.

Il Napoli la partita l’ha giocata come doveva giocarla. Con la testa, senza lasciarsi andare. Ed era anche andato in vantaggio. La Salernitana, giustamente, non ha mai mollato.

Ma questa di oggi è il contrario della felicità leopardiana. È una tristezza leopardiana. Effimera. Che segue un desiderio che era stato costruito artificiosamente. Festeggiare oggi a tutti i costi. Non averlo vinto il 30 aprile nulla toglie alla grandiosità della stagione. Farà comprensibilmente piovere un bel po’ di sfotto su Napoli e i suoi tifosi. Fa parte del gioco. Del resto, questo è un classico caso che a Napoli si chiama “figura di merda per senza niente”, ossia quando uno se la va a cercare.

Che serva da lezione. Nulla può essere forzato. Lasciateci dire che ci siamo sentiti trattati da selvaggi. Duemila agenti, manco fossimo in un territorio a rischio. Ospedali da campo. E su, un po’ di buon senso. Si è perduto il senso della misura. E qualcuno, da lassù, ce lo ha garbatamente fatto notare. Ripetiamo: spiace per i calciatori, l’allenatore e i tifosi. È stato bello lo stesso ritrovarsi tutti insieme a sognare. Ma la prossima volta le istituzioni stiano al loro posto. Tranquille. Assecondino il destino.

Un’ultima osservazione. Visto che il calcio è comunque lo sport più popolare d’Italia, non guasterebbe che nelle istituzioni ci fosse almeno una persona che sapesse di cosa si parla. Come ad esempio quando si propone una festa il 4 giugno per uno scudetto vinto un mese prima. Il 4 giugno magari i temi saranno altri: il futuro di Spalletti, quello di Osimhen. Lo scudetto si festeggia quando si vince. Scudetto è quando matematica fischia, avrebbe detto il grande Vujadin Boskov. Che di fronte al tavolo istituzionale si sarebbe fatto una di quelle sue risate. Piene piene.

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