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Gosens: «Voglio diventare psicologo. Se la testa non funziona, le gambe non vanno da nessuna parte»

A La Repubblica: «Ho studiato la resilienza. Oggi anche manager e impiegati sono selezionati in base alle capacità di rialzarsi nella vita».

Gosens: «Voglio diventare psicologo. Se la testa non funziona, le gambe non vanno da nessuna parte»
Ferrara 16/07/2022 - amichevole / Inter-Monaco / foto Image Sport nella foto: Robin Gosens

La Repubblica intervista il calciatore dell’Inter Robin Gosens. Dopo la qualificazione ai quarti di Champions con l’Inter ha festeggiato la laurea in Psicologia con una tesi sulla resilienza. Ne parla.

«Ho fatto una tesi sulla resilienza, argomento a cui tengo, visti gli infortuni che ho dovuto superare. Ho confrontato le capacità di reagire alle difficoltà fra atleti professionisti e chi si allena per hobby. È finita in pareggio, segno che nel mondo del lavoro la pressione è simile a quella che dobbiamo sopportare noi. Manager e impiegati oggi sono selezionati anche in base alle capacità di rialzarsi nella vita».

Dopo il calcio, Gosens ha intenzione di diventare psicologo.

«Il mio sogno è aprire uno studio come psicologo, collaborando con le società sportive per aiutare chi soffre di problemi mentali, che oggi difficilmente vengono accettati e affrontati per tempo. Sto costruendo le basi: la scienza in università e l’esperienza in campo».

Giovenale, diceva “mens sana in corpore sano”. Aveva ragione? Gosens:

«Quando la testa non funziona, le gambe non vanno da nessuna parte».

All’Inter c’è una psicologa.

«È a disposizione di tutti, è preziosa. Io ci vado ogni settimana e lo consiglio ai giovani. Ci aiuta a staccare coi pensieri dal calcio, è importante per dare il massimo. Nel mio periodo di carriera migliore ho scritto un libro motivazionale, ora ne sto scrivendo un altro per bambini».

Il super Napoli vi ha tolto motivazioni? Gosens:

«No, restano da giocarsi i posti Champions. E vincere in campionato aiuta a vincere negli altri tornei. Un effetto potrebbe averlo avuto la pausa per il Mondiale. Di solito a un grande evento estivo seguono tre settimane di vacanza, questa volta ce n’è stata una sola. Non c’è stato il tempo per liberare la mente».

Gosens è molto attivo sui social, da poco è sbarcato su LinkedIn.

«Ognuno coi social fa quello che vuole, non giudico, ma io sento una responsabilità. Mi seguono in mezzo milione, fra cui molti ragazzini. Non voglio offrire loro l’immagine di un mondo di yacht, jet privati e hotel di lusso. Sono un ragazzo di Emmerich sul Reno, un paese. Non cambio».

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