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Bottas:«Mi allenavo al dolore, fisicamente e mentalmente, ma la cosa mi è sfuggita di mano»

Alla Tv finlandese: «Ho avuto bisogno di uno psicologo che mi aiutasse. Non si deve pensare di essere tipi duri, che non hanno bisogno di nulla».

Bottas:«Mi allenavo al dolore, fisicamente e mentalmente, ma la cosa mi è sfuggita di mano»

Il pilota della scuderia Alfa Romeo Formula 1, Valtteri Bottas, ha raccontato di aver sofferto di problemi alimentari nel 2014. Tutta colpa di una dieta sbagliata e di una sorta di ossessione verso il suo lavoro che l’ha portato a chiedere aiuto ad uno psicologo.

Parlando con i microfoni del programma tv Yökylässä, l’ex pilota di Mercedes ha ammesso, riferendosi al 2014, quando era in Williams. Queste le parole riportate dalla Gazzetta dello Sport e da Everyeye:

«Mi allenavo al dolore, fisicamente e mentalmente ma la cosa mi è sfuggita di mano ed è diventata una dipendenza. Non mi è stato diagnosticato ufficialmente alcun disturbo alimentare, ma era sicuramente presente».

Bottas ad un certo punto ha iniziato a cibarsi solamente di broccoli a vapore e a fare lunghe corse a piedi. Spiega:

«Non era molto salutare volevo essere il migliore e pensavo di dover fare così. Se il team diceva che dovevo pesare 68 chili e io naturalmente ne peso 73, allora facevo di tutto».

Ad un certo punto, confessa Bottas, ha dovuto rivolgersi ad un aiuto esterno, quello di uno psicologo. Non riusciva a venirne fuori da solo.

«Ho avuto bisogno di uno psicologo che mi desse una mano a riprendermi e la sua prima valutazione di me è stata che ero quasi come un robot, che vuole solo raggiungere il suo obiettivo e non ha alcun sentimento. Mi ha sconcertato. Ma è vero che in quel momento non avevo un’altra vita al di fuori della F1».

Bottas parla della stagione 2022:

«La stagione 2022 è stata di nuovo difficile, dato che il mio futuro era in gioco e non sapevo per quale squadra avrei guidato. È stata una grande svolta chiedere un aiuto esterno. Non si deve pensare di essere tipi duri, che non hanno bisogno di nulla e non si guardano allo specchio. Se un professionista sa interrogarsi dentro di sé, poi possono aprirsi tanti spiragli».

Racconta anche la sua esperienza alla Mercedes, quando è stato compagno di Lewis Hamilton ed il modo in cui ha vissuto la vicinanza al pilota e la continua posizione di subordinazione.

«Per un competitivo come me, è stata dura da accettare. Mi sono sempre chiesto come avrei potuto batterlo per vincere il campionato del mondo, sono stati cinque anni piuttosto estenuanti. Solo nell’ultimo ho accettato che Lewis Hamilton era un pilota migliore».

 

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