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L’appello di Sol Campbell ai tifosi odiatori: «Vi supplico, guardate nei vostri cuori, sono un essere umano» 

Da 22 anni i tifosi degli Spurs non gli perdonano il passaggio all’Arsenal. Al Guardian: «È come se le persone avessero dimenticato di essere umani».

L’appello di Sol Campbell ai tifosi odiatori: «Vi supplico, guardate nei vostri cuori, sono un essere umano» 

A distanza di 22 anni, Sol Campbell è ancora accusato di tradimento per essere passato dal Tottenham all’Arsenal degli “invincibili”, nel 2001. Lo racconta in un’intervista al Guardian. I tifosi del Tottenham ancora gridano che festeggeranno quando Sol Campbell morirà, lo promettono nei cori intonati allo stadio, ancora oggi.

«È quasi come se le persone avessero dimenticato di essere umani. Desiderare e sperare che qualcuno muoia e dire che tu festeggerai? Ma in che mondo viviamo? So che il calcio ha il suo tribalismo, ma se nessuno in giro pensa che questo sia inaccettabile… beh, siamo davvero in una situazione devastante».

Molti di quelli che oggi frequentano lo stadio, erano probabilmente troppo giovani al tempo del trasferimento di Campbell all’Arsenal, non possono aver vissuto quel momento. Vuol dire che l‘odio verso di lui è stato tramandato.

«È come se fossi diventato una caricatura, come se non fossi più un essere umano. È come una canzone folcloristica, gente intorno al fuoco che tramanda le storie dai vecchi ai giovani. ‘Parliamo di questo, cantiamo di questo’. Stiamo parlando di quasi un quarto di secolo dal mio trasferimento. Dove stiamo andando come esseri umani se qualcuno non può andare avanti? Non credo che le persone si rendano conto di quanto mi facciano male l’odio e il vetriolo. Capisco la situazione, ma è passato così tanto tempo».

Campbell si è ritirato da giocatore nel 2011, un anno dopo aver sposato Fiona Barratt, una designer di interni. Hanno tre figli, di 11, 9 e 7. Campbell si preoccupa delle conseguenze che cori del genere possano avere su di loro. Gli viene chiesto se abbia mai portato i suoi figli ad una partita allo stadio.

«No, mai, per la cultura attorno al calcio. Voglio proteggerli. Non voglio andare a una partita e vedere improvvisamente qualcuno che non è tifoso di quel particolare club dire qualcosa senza motivo».

E racconta che sua moglie, di fronte a tutto questo, è «disgustata», soprattutto perché è bianca, perché la maggior parte della gente che intona quei cori, è bianca.

Campbell racconta di una partita, in particolare, il suo promo derby con la maglia dell’Arsenal, il 17 novembre 2001. Quella partita lo ha cambiato. 

«Quel giorno è stato un inferno di odio. C’erano pietre sull’autobus, una mia effigie in fiamme e tutti l’hanno accettata, anche le brave persone che erano in giro. Ho dovuto andare nel profondo di me stesso e sono cambiato. Ho dovuto imparare in 90 minuti come affrontare queste cose e come giocare una partita di calcio. Ho dovuto combattere una battaglia mentale e mi sono detto: ‘Sto per vincere’. Come giocatore di football in una squadra fantastica, è tutto quello che potevo fare. Ma non posso farlo ora. Non posso sostenermi in campo».

Campbell ha dovuto affrontare tutto da solo. All’epoca non esistevano gli psicologi dello sport.  

C’è stato un punto più basso in termini di abusi? Sì, racconta, probabilmente nel settembre 2008, quando giocava per il Portsmouth e hanno accolto gli Spurs a Fratton Park. All’epoca sporse denuncia alla polizia che individuò 11 persone per “cori indecenti”. Tre di loro avevano meno di 15 anni. I canti erano di questo tenore: “Non ci frega un cazzo se sei appeso a un albero, stronzo di Giuda con l’Hiv”. E altri lo additavano come gay.

Campbell racconta anche una storia più recente, risalente all’estate del 2021. Era a Roma come esperto di TalkSport per i quarti di finale del campionato europeo dell’Inghilterra contro l’Ucraina. Stava pranzando al ristorante con dei colleghi quando un uomo iniziò ad insultarlo.

«Era inglese, stava con la sua ragazza e non poteva avere più di 25 anni. Ha cominciato a dire “Giuda” e le solite cose. Ha filmato tutto con un cellulare, perché pensava che avrei fatto qualcosa. Non ho fatto niente. A volte penso: ‘Mi imbatterò in qualcuno che mi urlerà contro?’. Succede ancora».

E’ come se il suo passato glorioso fosse passato del tutto in secondo piano. Passato che il Guardian mette in fila: i trofei, le 73 presenze con l’Inghilterra, i sei tornei principali di fila, il periodo immediatamente successivo al suo trasferimento all’Arsenal, quando era forse il miglior difensore centrale nel mondo. Tutto oscurato dall’odio. Come oscurato dall’odio è stato il suo impegno nel sociale. 

Campbell continua:

«Ero un ragazzino quando ho firmato per l’Arsenal. Non avevo una famiglia. Sarebbe stata una storia diversa se avessi avuto dei figli. Forse avrei pensato diversamente. Non lo so. Forse se avessi 30 o 35 anni, avrei pensato diversamente. Ma avevo 26 anni. Vi supplico, voglio una tabula rasa. Guardate nei vostri cuori, guardate nelle vostre anime e datemi una tabula rasa. Tiratemi fuori dalla caricatura e guardatemi come un essere umano».

 

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