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O’Neill, il discepolo di Clough: «Gli allenatori di oggi che parlano di “progetto” fanno ridere»

L’uomo simbolo del glorioso Nottingham Forest al Telegraph: «i nuovi allenatori sono tecnocrati ma conta solo trovare un modo per vincere la partita»

O’Neill, il discepolo di Clough: «Gli allenatori di oggi che parlano di “progetto” fanno ridere»
Bildnummer: 04976433 Datum: 10.08.1974 Copyright: imago/Colorsport Brian Clough (Leeds United coach) leads out his team. PUBLICATIONxINxGERxSUIxAUTxHUNxPOLxUSAxONLY; Herren Fuflball England Einmarsch vdia xmk hoch o0 FA Charity Shield 1974 Image number 04976433 date 10 08 1974 Copyright imago Color Sports Brian Clough Leeds United Coach leads out His team PUBLICATIONxINxGERxSUIxAUTxHUNxPOLxUSAxONLY men Football England Invasion Vdia xmk vertical o0 FA Charity Shield 1974

Martin O’Neill è il il glorioso Nottingham Forest degli anni 70 e 80 (due Coppe dei Campioni, un campionato inglese, due Coppe di Lega, un Charity Shield e una Supercoppa Uefa). È “quel” calcio inglese, quello di Brian Clough, e le atmosfere del Maledetto United. Il calcio alcolico e machista. 50 anni di quel calcio giocato e allenato. La leggenda narra che Clough, appena arrivato al Forest, abbia detto a O’Neill «Io sono diffidente con le persone che sono più intelligenti di me, ma ti abbasserò presto al mio livello». Ce la farà. Diventerà il suo allievo migliore.  O’Neill è un irlandese d’acciaio, ha appena finito di scrivere la sua autobiografia. E l’ha fatto da solo, parola per parola. Niente ghostwriter. Il Telegraph l’ha intervistato e la prima risposta che dà è questa:

Sai quale parola mi fa sempre ridere quando sento parlare i manager di questi tempi? Progetto. Ho imparato molto presto che non esiste un progetto. Neanche un piano quinquennale. Hai un piano di cinque minuti. Progetto, piano quinquennale: per favore, buttateli nella spazzatura”.

Le storie di conflitto sono l’anima del suo libro e della sua carriera di giocatore-allenatore incazzoso. Come quella volta, passata alla storia dell’irascibilità, in cui si rifiutò di giocare dopo che Clough lo voleva in panchina. Ora dice che allora si comportò “come un moccioso viziato”.

Racconta che da Clough – e dal suo assistente Peter Taylor – in cinque gloriosi anni al Nottingham Forest, ha ricevuto a malapena una parola positiva. La loro relazione era tossica: «Eravamo nello spogliatoio, con tutti gli altri giocatori che si cambiavano, quando ho detto qualcosa. Clough non ha risposto. Ma Taylor ha fatto il giro della stanza indicando ognuno individualmente, dicendomi: “non vali niente, sei qui solo per lui, lui e lui”. Poi si è avvicinato un altro, si è fermato un attimo e ha detto: “beh, no, per lui no”».

«Ero un novellino. Se avessi saputo quando è entrato da quella porta che cinque anni dopo avrei collezionato una seconda Coppa dei Campioni, allora sì, avrei sopportato tutto. Ma era brutale con me».

O’Neill da manager è diventato la sua copia: «Immagino fosse inevitabile che imitassi Clough. Cloughie con tutto il suo carisma, era roba che resisteva alla prova del tempo. Inconsciamente ho assorbito tutto».

«Ricordo che una volta Cloughie entrò nello spogliatoio dopo aver passato una brutta mezz’ora nella riunione del consiglio della società e ci disse: “l’unica cosa di cui puoi essere certo in questo lavoro è il licenziamento”. Questo mi è rimasto impresso. Questa idea di iniziare dal basso e risalire è una sciocchezza. Se inizi laggiù e fallisci, è tutto. Il tuo primo vero lavoro potrebbe anche essere l’ultimo».

Da allenatore ha portato il Leicester in Premier League, ha vinto due volte la Coppa di Lega prima di andare al Celtic. Per un cattolico nordirlandese il lavoro definitivo. E al Celtic ha vinto ogni trofeo nazionale, spezzando un decennio di dominio dei Rangers. Poi troppi licenziamenti, compreso quello doloroso da Ct dell’Irlanda. 

“Da allora ha cercato un lavoro – racconta il Telegraph – ma si è ritrovato aggirato dalla nuova generazione di allenatori tecnocrati, con le loro presentazioni in powerpoint e la padronanza delle statistiche sugli Expected goals”.

«Chiunque sembri parlare una lingua diversa, ora è considerato un dinosauro», dice lui. «Non sono un dinosauro. Posso adattarmi facilmente a qualsiasi situazione. E i fondamenti del ruolo non sono cambiati dai tempi di Cloughie: trovare un modo per vincere le partite».

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