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La ginnastica fa autocoscienza, testimonianze e racconti: «Le Olimpiadi un incubo, non un traguardo»

Sul Corsera. Ex atleti che rivivono gli incubi vissuti e le umiliazioni cui hanno assistito. «Ho vista una ragazza umiliata fino a farsi la pipì addosso»

La ginnastica fa autocoscienza, testimonianze e racconti: «Le Olimpiadi un incubo, non un traguardo»
Team Italy competes in the group all-around qualification of the Rhythmic Gymnastics event during Tokyo 2020 Olympic Games at Ariake Gymnastics centre in Tokyo, on August 7, 2021. (Photo by Lionel BONAVENTURE / AFP)

Il mondo poco fatato della ginnastica. Il Corriere della Sera riporta dell’incontro che si è svolto ieri a Roma con l’associazione «Change The Game» che ha presentato le 197 denunce finora ricevute dagli psicologi e dai legali del team. Tra le varie testimonianze c’è quella di Irene Castelli ex atleta di ginnastica artistica che ha partecipato alle Olimpiadi di Sydney. Ha parlato partendo dalla sua condizione di atleta:

«Mandata in pedana sotto antidolorifici anche quando stavo male — ha raccontato Castelli —, per non sottrarre tempo agli allenamenti dovevo scegliere se pranzare o andare dal fisioterapista. Le Olimpiadi non sono state un traguardo ma un incubo».

E poi successivamente di coach che però si è corretta in corsa:

«Ho sbagliato sapendo di sbagliare. Ho sbagliato perché alla fine della mia carriera di atleta avevo l’autostima sotto i piedi ed ero traumatizzata nel corpo e nella mente. Così, quando ho iniziato ad allenare, ero troppo aggressiva (ma mai violenta) con le allieve perché mancavo di empatia: se non ho fatto loro del male è solo perché ho realizzato la situazione e ho trovato una psicologa che mi ha guarito. Alle colleghe dico: cercate aiuto all’esterno, accettatelo perché il rischio di provocare traumi e dolore nelle vostre bambine è forte».

Il quotidiano riporta un’altra testimonianza, di un coach di ginnastica artistica:

Irene si è aperta ed è guarita, un secondo coach di cui ieri è stata trasmessa la testimonianza si sta pentendo solo ora: «Una mia atleta promettente ma esuberante veniva umiliata davanti a tutti dal capo allenatore che la costringeva a decine di trazioni punitive alla fune — ha detto —. Un giorno lei, per la vergogna e lo sfinimento, si fece la pipì addosso: lui si trattenne dal darle uno schiaffo dicendo che le faceva schifo». Un orrore di cui lui, il coach, ammette di aver realizzato la portata solo da poco.

Il Corriere scrive:

Se la giustizia sportiva è inerte (il reato si prescrive dopo 4 anni, le pene sono mitissime), Patrizia Pancanti, avvocato, ha spiegato che «sul fronte penale sono accertati fatti trasversali a livello nazionale su cui stanno lavorando molte procure». Le ipotesi di reato sono quelle dell’articolo 572 del Codice Penale, i «maltrattamenti nei confronti di persona di famiglia in affido per ragioni di educazione, istruzione, cura o esercizio di una professione o di un’arte». 

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