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Franco Selvaggi: «Il nostro era un calcio più umano. Non esistevano computer e smartphone»

Alla Gazzetta: «Fare l’attaccante a quell’epoca era molto più difficile rispetto ad adesso. I difensori ti marcavano ed erano duri».

Franco Selvaggi: «Il nostro era un calcio più umano. Non esistevano computer e smartphone»

Sulla Gazzetta dello Sport un’intervista a Franco Selvaggi. L’ex attaccante di Torino e Inter era nell’Italia che vinse il Mondiale del 1982, ma non scese mai in campo.

«È vero che non ho mai giocato in quel Mondiale, ma ero un buon centravanti e, se Bearzot mi ha scelto per stare in quel gruppo, vuol dire che me lo ero meritato. Dire che mi avevano chiamato soltanto perché non facevo ombra a Paolo Rossi significa fare un torto a Bearzot: il mister chiamava i migliori, mica gli scartini. Io ho fatto parte del giro della Nazionale dal 1981, mi sono guadagnato il diritto di far parte di quella squadra. Non mi piace essere ricordato soltanto per essere stato quello che ha vinto senza aver mai giocato. Come me ci sono stati Bordon, Giovanni Galli, Dossena, Franco Baresi, Vierchowod, Massaro: zero minuti al Mundial. Invece sempre e solo al sottoscritto chiedono che cosa si prova, come ci si sente… Basta».

Selvaggi dormiva nella camera vicina a quella di Tardelli.

«Lui non dormiva mai. Io non so come facesse a correre così tanto senza chiudere occhio la notte… Eravamo blindati in ritiro, anche perché c’era timore per i possibili attentati terroristici dell’Eta, ma stavamo benissimo insieme: si rideva, si scherzava, non c’erano mica i computer, gli smartphone e tutte le faccende che ci sono oggi. Era un calcio più umano, più romantico».

Selvaggi racconta la sua carriera e l’influenza che ebbe su di lui Gigi Riva.

«Era dirigente del Cagliari, stravedeva per me che ero a Taranto in B. Mi fece acquistare nell’estate del 1979. E subito mi disse: “Devi fare il centravanti, hai le caratteristiche perfette. Mi sarebbe piaciuto giocare con te”. Quelle parole mi stimolarono e io mi impegnai come un matto per non deluderlo. Che grande uomo, Riva! Anche se fu lui nell’estate del 1980 a trattenermi a Cagliari e a non volermi cedere alla Juventus. Chissà quanti scudetti avrei potuto vincere con i bianconeri!».

Com’era il calcio di quegli anni?

«Quello degli anni 80 il più bello che ci sia mai stato in Italia. Platini, Zico, Maradona, Falcao, e poi Van Basten, Gullit, Rummenigge… Devo andare avanti? Dove sono oggi giocatori di questo livello? E poi vorrei aggiungere una cosa: fare l’attaccante a quell’epoca era molto più difficile rispetto ad adesso. I difensori ti marcavano ed erano duri».

Rimpianti?

«Nel calcio, no. Nella vita, beh, direi non aver fatto l’università. Dopo il liceo scientifico mi fermai. Peccato. Mi sarei iscritto alla facoltà di Biologia, avrei voluto diventare un ricercatore per studiare la genetica».

 

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