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Ronaldo sarebbe un potente anestetico alla napoletanità e questo per molti è insopportabile

A Napoli è diventato Scarnecchia. Con lui il Napoli vincerebbe e basta, come un luogo qualsiasi. Senza la sovrastruttura retorica che qui è più importante dei risultati

Ronaldo sarebbe un potente anestetico alla napoletanità e questo per molti è insopportabile
Mg Bergamo 02/11/2021 - Champions League / Atalanta-Manchester United / foto Matteo Gribaudi/Image Sport nella foto: Cristiano Ronaldo

Può esserci qualcuno contrario alla possibilità che Cristiano Ronaldo indossi la maglia del Napoli nello stadio che fu di Maradona? Parrebbe di sì, e sono anche tanti tantissimi, a leggere e ad ascoltare le considerazioni di tanti tifosi del Napoli. Quel che in solitaria il Napolista vi ha raccontato sia a luglio sia a inizio settimana, è ormai diventato di dominio pubblico. Il piano è in piedi da un mese. Il fuoriclasse portoghese sarebbe il “sostituto” di lusso di Osimhen che lascerebbe per il Manchester United per una cifra non inferiore a cento milioni.

Non lasciatevi ingannare dal fisiologico gioco delle parti in una trattativa: Victor non è pazzo né stupido, andrebbe a piedi a giocare allo United, in Premier League. Il nodo sono sempre e solo i soldi. Che giochi o meno la Champions quest’anno è del tutto irrilevante. La Premier è la Superlega. Nessun calciatore direbbe no.

Ma l’aspetto meraviglioso della vicenda è un altro. Riguarda ovviamente la tifoseria del Napoli, o quantomeno una discreta fetta della tifoseria. Quella che fino a dieci giorni non si dava pace per la fine del rapporto con calciatori come Mertens e Insigne, e adesso balza agli onori delle cronache per aver ridotto nel giro di venti minuti Cristiano Ronaldo (fuoriclasse assoluto, uno dei più grandi calciatori di sempre) in Roberto Scarnecchia (oggi ottimo chef, negli anni 70 e 80 ala-attaccante che fece anche un fugace passaggio a Napoli). Non ce ne voglia Victor – che è fortissimo – ma non possiamo neanche accettare il dibattito su chi oggi sia più performante. E poiché Osimhen andrebbe comunque via, se non ora l’anno prossimo, non vediamo proprio dove sarebbe il problema.

Ci siamo interrogati sull’ennesima follia della piazza. Che, vale la pena ricordarlo, dieci giorni fa dava il Napoli sull’orlo del disastro. E ora, dopo due vittorie contro Monza e Verona, ha sposato in toto il progetto rinnovamento che aveva bollato come ridimensionamento e con una contestazione senza fine ad Aurelio De Laurentiis.

Le motivazioni sono le più fantasiose: dall’egocentrismo del portoghese all’armonia nello spogliatoio, fino all’età e a Spalletti che non amerebbe i calciatori-primedonne. Ci piace qui ricordare che ci passa il mondo tra autentiche primedonne, fuoriclasse, e presunte primedonne che si atteggiano in un contesto che consente loro atteggiamenti che in qualsiasi altro luogo si sarebbero sognati. Ci siamo capiti.

E abbiamo francamente i nostri dubbi a pensare che calciatori come Kvaratskhelia o Kim preferiscano giocare senza Ronaldo invece che con Ronaldo. Il calciatore professionista non ragiona come il tennista della domenica. Ha scelto questo lavoro per primeggiare, e giocare con una leggenda vivente, che proietterebbe anche lui in una dimensione impensata e impensabile, sarebbe come toccare il cielo con le dita. Si sceglie il proprio lavoro per vivere il meglio, non per “stare tranquilli”. “Stare tranquilli” nello sport professionistico non esiste.

En passant, qualora ce ne fosse bisogno, ricordiamo che Ronaldo non è affatto un bollito. È stato vicecapocannoniere nell’ultima Premier (18 gol). Sarebbe una rivoluzione nel Napoli. Forse – questo sì potrebbe essere un tema – il Napoli dovrebbe superare una prova importante per adeguare il club e la squadra agli standard del portoghese. Ma sono gli shock benefici fondamentali nella crescita di un club. C’è un motivo se il Napoli arriva spesso a un passo dal successo ma non vince mai. Con Ronaldo ogni minuto di allenamento e della vita settimanale sarebbe proiettato unicamente al desiderio di migliorarsi e di vincere. Tutti, nel Napoli (dai giocatori all’allenatore ai dipendenti della società), ne godrebbero i benefici. Così come tutti sarebbero costretti a lavorare più o meno duramente su sé stessi. Arriverebbe un’auto che procede a un’altra velocità: toccherebbe adeguarsi e anche in fretta.

Tornando ai tifosi, non riusciamo a non legare lo scetticismo alla narrazione che ormai accompagna il Napoli e che ahinoi è diventata più importante dei risultati. È come se una parte della tifoseria percepisse che Ronaldo a Napoli anestetizzerebbe il racconto tribale che ormai in maniera patetica accompagna le gesta della squadra. Ronaldo sarebbe refrattario a qualsiasi abboccamento al mostro della napoletanità. Semplicemente se ne infischierebbe. Verrebbe a fare il suo lavoro come farebbe un qualsiasi professionista. Immaginate Ronaldo soprannominato Gennaro? Oppure prodursi in dissertazioni sulla superiorità del modo di vivere a Napoli? Con Ronaldo il Napoli al massimo potrebbe vincere. Che banalità. Un dato diventato ormai poco importante.

La domanda è un’altra: sarebbe vera vittoria se non accompagnata dalla narrazione sulla superiorità dell’essere napoletani? Perché la diversità, diciamocelo, è un modo altro per ribadire una molto presunta superiorità. A nostro avviso questo è il problema di Ronaldo. Questo non piace ai tifosi che sono quasi più tifosi della narrazione che della squadra. CR7 è semplicemente uno specialista del calcio. Che si presenterebbe, almeno all’apparenza, “allergico” al caffè e alla mozzarella. Destrutturerebbe l’impalcatura retorica e populistica. Dimostrerebbe che anche a Napoli in fondo basta avere i calciatori più forti per vincere (concetto che potrebbe essere traslato in ogni campo). Paghi e loro giocano, segnano e probabilmente vincono. Di una banalità disarmante. Oseremmo dire insopportabile.

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