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Pellegrini: «Andrebbe insegnato che il vero sport è arrivare secondi, settimi, non c’è solo la vittoria»

A DlaRepubblica: «La fatica fatta per essere lì è importante, non puoi essere una merdina perché sei secondo. Può capitare».

Pellegrini: «Andrebbe insegnato che il vero sport è arrivare secondi, settimi, non c’è solo la vittoria»
Roma 23/06/2017 - Trofeo Sette Colli 2017 Internazionali d'Italia / foto Insidefoto/Image Sport nella foto: Federica Pellegrini

Molto bella l’intervista a Federica Pellegrini pubblicata da DlaRepubblica, a firma di Giovanni Audiffredi. La ex nuotatrice ripercorre i suoi esordi, quando a 16 anni salì sul podio d’argento alle Olimpiadi di Atene e dà consigli alle giovani che si accostano al nuoto.

«La corona è ancora appesa in casa e quella medaglia mi ha cambiato la vita. Ripensandoci, ma vaffa a quella situazione. Che ero troppo piccola per affrontare. Forse oggi i giovani nuotatori sono più pronti a sostenere una cosa simile. Mi sembrano più navigati, ricevono già grandi attenzioni e soprattutto sanno lavorare con i social network».

Alle sue giovani ex colleghe cosa dice?

«Non scegliere di nuotare per diventare ricca e famosa. Ci sono modi più semplici. Fallo solo per passione. Famosa lo diventi se vinci, rivinci e rivinci un’altra volta. Ricca se rivinci altre decine di volte. Fai la nuotatrice per spirito agonistico».

È stata criticata per performance non vincenti.

«Le cose non possono andare sempre bene. Bisogna farlo capire. La cultura sportiva andrebbe indirizzata verso l’idea che un quinto posto a un’Olimpiade non è una sconfitta. Che la fatica fatta per essere lì a giocarti l’opportunità è comunque importante. Non puoi essere una merdina perché sei secondo. Può capitare. Il vero sport è arrivare secondi, settimi… Non voglio togliere nulla a chi vince, che merita tutta la gloria. Ma non c’è solo quella».

La sua sincerità ha pagato sempre?

«Non sono cresciuta nella diplomazia dei gesti. E anche il mio modo di pormi non era corretto al cento per cento. Va bene essere dirette, ma devi avere anche un po’ di intelligenza. Io sparavo delle bombe che mi tornavano indietro come boomerang e facevano più male a me che agli altri. Negli anni sono migliorata».

Davvero aveva paura di nuotare al mare?

«Ho paura. Mi dà molto fastidio stare in acqua senza vedere il fondale. Diciamo che nel blu della Sardegna, a 10 metri dalla riva, da sola non mi butto. Ho provato a vincere questo fastidio con maestri di sub e a prendere un brevetto per immersioni, ma due otiti da piccola mi impediscono di compensare. Niente da fare».

A parte il suo fidanzato Matteo, chi l’hai aiutata di più in questo passaggio alla vita da “civile”?

«Non mi confido con tante persone. Ho avuto un aiuto indiretto da Jury Chechi. Eravamo alla premiazione dei Gazzetta Awards, nessuno sapeva ancora nulla del mio ritiro, ma lui mi ha detto: “Non cercare le emozioni che hai vissuto fino adesso. Mettitela via. Non arriveranno mai più. Quell’adrenalina, quel gusto per la gara, non succederà. Però, preparati perché arriveranno emozioni diverse e più belle”. Ho grande stima di Jury, ha pronunciato le parole giuste e mi ha placato. Davvero, da quel giorno, ho iniziato a pensare alla vita in modo diverso: non più gli allenamenti, l’obbiettivo quotidiano della vasca, la gara, il calendario di competizioni. Ora l’obbiettivo è la mia persona».

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