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Tamberi: «Quando arrivi in cima dopo aver rincorso l’impossibile ti chiedi: perché continuare?»

A La Repubblica: «La tentazione di fermarmi c’è stata. Ti dici: ho sofferto tanto, non sono così sicuro di avere ancora quella voglia»

Tamberi: «Quando arrivi in cima dopo aver rincorso l’impossibile ti chiedi: perché continuare?»
Tokyo (Giappone) 01/08/2021 - Atletica / Olimpiadi Tokyo 2020 / foto Imago/Image Sport nella foto: Gianmarco Tamberi

La Repubblica intervista Gianmarco Tamberi, oro olimpico nel salto in alto a Tokyo. Venerdì debutterà all’aperto, a Doha, nella prima tappa della Wanda Diamond League. Gareggerà contro il suo amico Mutaz Barshim, con cui ha condiviso il trionfo olimpico.

«Dopo tanti anni di rincorsa sia io che lui ci siamo chiesti: e ora che facciamo? Come andiamo avanti?».

Confessa di avere avuto la tentazione di fermarsi.

«Il primo giugno compio 30 anni. Le ultime cinque stagioni le ho impiegate a inseguire quella che era diventata la mia ossessione. Da quando nel 2016 a un mese dai Giochi di Rio un infortunio al tendine di Achille mi ha privato dei Giochi. Quando sei vicino a un sogno e lo vedi svanire, anima e corpo non capiscono più niente, se non che devono riavere quello che è stato loro tolto. L’anno scorso se andavo male in allenamento, ero triste per settimane, ma ho capito che non è una pazzia dedicare tutte le energie al tuo sogno, lo è voltare le spalle ai problemi, far finta che non esistano, mentre invece vanno affrontati. Certo, quando arrivi in cima la domanda perché continuare te la fai. Soprattutto se hai rincorso l’impossibile».

Voleva dire basta?

«La tentazione c’è stata. Ti dici: ho sofferto tanto, non sono così sicuro di avere ancora quella voglia. Ho penato per la dieta, per i dolori, per le insicurezze, perché se hai un padre allenatore i tuoi rapporti sono sempre un po’ squilibrati, anche perché passi più tempo con lui che con la tua fidanzata. Non è normale. Capita di non parlarsi per tutto il viaggio. Capita che una volta ho detto al fisioterapista che avevo un problema al piede, e lui: strano che tuo padre non me lo me abbia detto. E io: non lo sa, siamo stati sempre in silenzio. Ma io sono uno che non si accontenta, mi è rimasta la voglia di dimostrare che non ci sono limiti».

Il famoso gambaletto di gesso lo ha conservato.

«Ci ho attorcigliato attorno la mia medaglia d’oro. A ricordo che sacrificio e successo vanno sempre insieme. Quella è la mia storia, non va separata».

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