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Zugarelli: «Ho giocato a tennis per mangiare, oggi i tennisti fanno tutti gli stessi colpi»

A Repubblica: «Il tennis era uno sport per ricchi. Avevo provato sulla mia pelle cosa significa avere fame. Pietrangeli mi trattò sempre come una riserva»

Zugarelli: «Ho giocato a tennis per mangiare, oggi i tennisti fanno tutti gli stessi colpi»
Zugarelli qui con Bjorn Borg

Repubblica intervista Tonino Zugarelli, ex campione di tennis passato alla storia come il quarto uomo della squadra che nel 1976 conquistò in Cile, contro Pinochet, l’unica Coppa Davis vinta dall’Italia. Oggi dirige la scuola tennis del Foro Italico. Parla dei rapporti con Nicola Pietrangeli.

«I rapporti sono amichevoli, ma non dimentico che mi trattò sempre come una riserva. Fu Belardinelli a costringere Nicola a mettermi in campo. Litigammo. Ma ormai tutto fa parte del passato. Non ho rimpianti. Ho giocato a tennis per mangiare, per cercare di mantenere la famiglia. Avevo provato sulla mia pelle cosa significa avere fame».

Figlio di un muratore tutto fare, racconta la sua infanzia in una casa costruita abusivamente ai Colli della Farnesina.

«Una stanza, un cucinino, un piccolo bagno, il tetto di lamiera. Ci stavamo in cinque: mamma, papà, i miei fratelli Carlo e Roberto ed io. Capii presto che in quel quartiere giocavi a calcio o andavi a rubare. Mi sentivo parte di una sottospecie umana. Dopo la grande nevicata del ’56 mio padre montò trappole illegali per catturare passerotti. La sola carne che arrivava in tavola».

Al tennis arrivò per necessità, dopo aver provato a fare il calciatore.

«Facevo, con i miei fratelli, il raccattapalle in due circoli sul Lungotevere. Il tennis era uno sport per ricchi, i pochi che non ci trattavano come servi ci davano piccole mance. Tiravo su 200 o 300 lire al giorno. Quando sui campi non c’era nessuno facevamo due colpi tra di noi, con racchette usate e buttate via, oppure si andava al muro».

Si dice profondamente religioso.

«Guardo gli alberi, le montagne, la vita e mi faccio delle domande. Chi ha creato tutto questo se non Dio? Chi, se non Dio, mi ha dato il tennis per consentire di riscattarmi? Non concepisco l’ateismo».

Sul tennis di oggi:

«Lo studio con scarso interesse. È monocorde. Su trenta giocatori ventotto fanno gli stessi colpi. Ormai si segue il tennis come il cinema, seduti sul divano. I tennisti sono attori, fisicamente programmati, che sembrano impegnati a girare sempre lo stesso film».

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