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Forbes: «Acquistare i club italiani conviene perché costano poco. Ma la Serie A è obsoleta»

Gli stadi sono vecchi, gli sponsor sono pochi e i prezzi dei biglietti bassi. I fondi americani ci si buttano perché nel resto d’Europa non si acquista così facilmente

Forbes: «Acquistare i club italiani conviene perché costano poco. Ma la Serie A è obsoleta»
Db Milano 19/03/2018 - assemblea ordinaria Lega Calcio Serie A / foto Daniele Buffa/Image Sport nella foto: Enrico Preziosi

Sei delle 20 squadre di Serie A, più altri due club in Serie B sono controllate da investitori o gruppi di investimento americani. Tre provengono dal mondo del private equity e degli hedge fund, e sono parte di una tendenza più ampia di cui piano piano il mondo del calcio comincia a rendersi conto.

Forbes ha analizzato la situazione del calcio italiano cercando di capire come mai proprio la Serie A è terra di conquista privilegiata per chi vuole investire.

Tanto per cominciare, “le squadre italiane ottengono quattro lucrosi posti in Champions League ogni stagione”. E poi in Italia il calcio non ha rivali come fascino sportivo. Non è come in Inghilterra dove deve competere con cricket, tennis e rugby. Ma “l’attuale domanda di club italiani dipende in gran parte da due fattori, affermano gli investitori. Il primo è la scarsità: semplicemente non ci sono molti club di alto livello in Europa e le regole in Germania limitano ulteriormente i potenziali obiettivi di investimento richiedendo che i club della Bundesliga siano controllati dai tifosi. Nel frattempo, i recenti problemi finanziari del calcio italiano, esacerbati dalla pandemia, hanno messo in vendita molte squadre”.

L’altro grande fattore è il prezzo. Secondo il Financial Times, Elliott ha acquisito il Milan nel 2018 per circa 400 milioni di euro e la pandemia sta facendo abbassare i prezzi”. In Italia si compra a poco, insomma.

Ma anche così “valorizzare una squadra italiana non è facile. Anche i club di Serie A di successo hanno faticato ad attrarre importanti marchi globali come sponsor, e la stragrande maggioranza gioca in stadi vecchi di decenni che sembrerebbero decrepiti per gli standard americani, ostacolando le entrate. I club non possono aumentare i prezzi dei biglietti oltre i già bassi livelli comuni in tutta Europa”.

“Questo tipo di inconvenienti costringe le squadre italiane a fare più affidamento sui ricavi dei media rispetto ai club delle leghe rivali, e anche lì, l’Italia è in ritardo nei suoi sforzi di monetizzazione. La Serie A mirava a un aumento del 20% con i suoi diritti televisivi nazionali quest’anno, ma ha finito per concordare un accordo triennale con DAZN del valore di 995 milioni di dollari all’anno, in calo del 13% rispetto agli 1,14 miliardi di dollari del precedente accordo con Sky. Anche sostanzialmente inferiore ai 1,29 miliardi di dollari che la Bundesliga ha ottenuto da DAZN e Sky lo scorso anno, o ai 2,3 miliardi della Premier League”.

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