I galloni di campione li ha conquistati sul campo con lo strepitoso gol contro il Belgio. Mentre in tv si chiedono se sia o meno un fuoriclasse
Avevamo detto “Salvate il soldato Ryan”. Ma Lorenzo Insigne, parafrasando l’eroe combattente di Spielberg, si è salvato da solo dall’oblio delle cronache e con lui Giovanni Di Lorenzo, faticatore di lusso e napoletano di professione. C’è voluto un missile “a giro” del Magnifico e la corsa infinita sulla fascia destra di un terzino moderno e tuttofare per entrare nel mondo scintillante degli smemorati media del Nord. Ora, dopo prestazioni di valore assoluto, non se ne può più fare a meno, almeno di dire che esistono. È l’ora dei pentimenti di default, ricordando gli “sfortunati” luoghi comuni sulla non decisività dei gol di Lorenzo.
La bolla reticente dei media
C’è qualcosa di fastoso nell’aria di questi europei. La nazionale va che è una bellezza. I calciatori assaporano l’inizio di una fulgida carriera da top. Gli spettatori, muniti di tutti i fronzoli necessari per tifare da vicino, sembrano usciti da uno stato catatonico ed entrati nella bolla che ricorda quella delle “Notti magiche” (a partire dalla ditta Maldini padre &figlio). Il clima giusto per santificare giovanotti di un certo valore, catapultati nel mercato sempre aperto dei gioielli di famiglia.
Ogni filiera di interessi – società, mediatore, calciatore- punta a piazzare il proprio pupillo in Nazionale e se si può definirlo frettolosamente top, meglio ancora. Siamo al geo-calcio. Figli e figliastri nei montaggi delle immagini e nelle parole che si spendono a sostegno del ricorrente genietto nascente.
Locatelli esce dal letargo e diventa un top
Manuel Locatelli, centrocampista di qualità, esce finalmente dal letargo, segna due gol e la doppietta nazionale viene celebrata come la festa di Liberazione (per Sacchi deve crescere, promette bene, ma è un po’ presuntuoso). Stesso destino per un’altra new entry, l’atalantino Matteo Pessina, baciato dalla fortuna del posto giusto al momento giusto. Ogni tocco di palla un milioncino in più di valore. A occhi chiusi un astro nascente, anzi già nato, che non ha bisogno di dimostrazioni. Basta non parlarne quando gioca male ed esaltarlo in maniera smodata quando gli riprende la vocazione. In ogni caso c’è sempre il marchio di fabbrica, che assicura longevità e risultati, col contorno di procuratori, capitale finanziario e città – squadre satelliti.
Le domande da salotto: Cesare era un fuoriclasse?
Per Insigne, invece, si propone il solito giochetto di società: è un buon giocatore, un campione o un fuoriclasse? E’ chiaro che Lorenzo non è Maradona. Meno uno, quindi. Per il resto è sempre tutto da dimostrare. Solo che stavolta i galloni di campione li ha conquistati sul campo con lo strepitoso gol contro il Belgio. Rimane incomprensibile come la mini classifica da scuola elementare venga sostenuta anche nei salotti e salottini locali. Ci chiediamo: primo, che senso ha la domanda tormentone, se non quella di dire che nell’Olimpo dei fuoriclasse Insigne non c’è? Secondo, perché la capziosa domanda non viene fatta per il 23enne Locatelli, osannato come Cesare dopo Galles e Austria e spinto a furor di media in campo? Oltre Locatelli e Pessina, Berardi, Raspadori, Sensi. E non è finita qui. E’ il sistema Sassuolo, bellezza.