Sul Secolo XIX il verbale di una riunione che accusa l’ex ad. Era consapevole dei rischi già otto anni prima del crollo. Ma sotto la sua guida Autostrade rinviò i lavori fino alla strage
In una riunione riservata del novembre 2010, l’allora amministratore delegato di Autostrade, Giovanni Castellucci, ribadì che l’unica strada per mettere in sicurezza il Ponte Morandi sarebbe stata l’accelerazione del restyling ai tiranti del pilone numero 9, quello poi crollato il 14 agosto 2018. Eppure quell’intervento fu rinviato di un anno. I
Il resoconto di quella riunione è stato trovato dalla Guardia di Finanza all’interno dei computer degli indagati per la tragedia del viadotto. Ora è depositato agli atti del processo. Il Secolo XIX riporta quanto scritto dalle Fiamme Gialle.
La riunione si tenne il 10 novembre 2010 alle 15.30, nella sede centrale di Autostrade per l’Italia, a Roma.
All’ordine del giorno c’era un'”Informativa sul viadotto Polcevera”.
A prendere la parola per primo, su invito di Castellucci, fu l’ingegnere Gennarino Tozzi. Tozzi conosce bene il Morandi, e soprattutto la sua particolarità: quella di essere un ponte con stralli, ovvero con cavi dei tiranti annegati nel calcestruzzo, dunque non visionabili dall’esterno. Tozzi dichiara che sono state effettuate delle verifiche sullo stato di corrosione dei cavi e che i risultati sono stati sconfortanti.
«In base ad attività d’ispezione, costituite dalle periodiche verifiche visive e dai controlli non distruttivi, lo stato di conservazione evidenzia problemi strutturali».
A quel punto interviene Castellucci. La Finanza scrive:
«L’amministratore delegato fa presente che la decisione risolutiva sarebbe quella di anticipare gli interventi di rinforzo strutturale degli stralli dei residui sistemi bilanciati».
Secondo gli inquirenti, Castellucci aveva tutto chiarissimo. Già all’epoca, 8 anni prima del crollo, sapeva che la tenuta del Morandi era a rischio, al punto da dichiarare che la via da seguire per scongiurare progressioni nefaste era il restyling dei tiranti.
Ma non se ne fece nulla. Trascorsero altri sei anni prima che si decidesse di intervenire.
Il 15 febbraio 2016 ennesima riunione sulla sicurezza del Morandi. E Castellucci, risulta ancora dal verbale, spiega che la complessiva messa in sesto dell’opera rientra in un “piano accelerato“.
La Guardia di Finanza spiega in che cosa consiste questo «piano accelerato».
«Come previsto dalle norme sulle ispezioni delle strutture e infrastrutture autostradali si intendevano quelle attività di ripristino da svolgersi con procedura immediata».
Eppure sono passati anni. E intanto il ponte è crollato.