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“Io vedo il mare”: il libro-inchiesta di Maurelli su Simon il francese che morì nel Cilento

È la ricostruzione delle ultime drammatiche ore e di quei giorni di ricerca. Si può morire di bellezza e anche di inefficienza. Prefazione di Giuliano Ferrara

“Io vedo il mare”: il libro-inchiesta di Maurelli su Simon il francese che morì nel Cilento

Il 18 agosto del 2019 un giovane francese di 27 anni, Simon Gautier, viene ritrovato morto su un costone roccioso di San Giovanni a Piro, nel Golfo di Policastro, nel Cilento.

La storia della sua scomparsa, la cui cronaca riempì i caldi giorni di quell’estate, è raccontata da Luca Maurelli nel libro “Io vedo il mare. La vera storia di Simon Gautier che si smarrì con Dostoevskij su un sentiero del Cilento” (Guida Editori, pp. 157, euro 12), in libreria dal 16 giugno.

Un libro inchiesta, che racconta, con testimonianze, documenti inediti e ricostruzioni dettagliate, la dinamica dell’incidente e il processo che seguì alla morte del ragazzo, finito con l’archiviazione, ma anche il legame che si creò tra la famiglia di Simon e la comunità locale nei giorni delle ricerche. Un libro denuncia, che pone interrogativi sulla sicurezza della sentieristica del Cilento. Simon, infatti, non è l’unico ad aver perso la vita su un sentiero in quella porzione di terra campana: è capitato anche a Margarita, una bambina tedesca di 5 anni caduta da un dirupo su un sentiero di Palinuro il 22 maggio scorso.

Il volume di Maurelli conduce una riflessione sull’efficacia dei soccorsi, sui tempi effettivi della morte del ragazzo, diversi per i legali dello studente (che nel processo pongono interessanti questioni di metodo) e per i periti della Procura. Riporta le testimonianze di chi incrociò Simon poco prima della tragedia, ricostruisce la straordinaria mobilitazione della comunità cilentana per ritrovarlo.

Simon si sarebbe potuto salvare? Forse. Maurelli lo spiega senza mai puntare il dito su nessuno. Il suo libro è anche un tentativo di tracciare una strada affinché morti del genere non accadano più.

“Io vedo il mare”, però, è anche molto di più.

Restituisce a Simon (e a tutti i personaggi coinvolti nella sua atroce storia, a partire dai soccorritori) un’identità. Una dignità.

Laureato alla Sorbona di Parigi, Simon studiava a Roma per il dottorato in Storia dell’arte. Era arrivato a Policastro Bussentino, il posto più vicino a Scario, frazione marittima del comune di San Giovanni a Piro, l’8 agosto, con un treno regionale. L’ultima sua immagine da vivo è quella di una telecamera che lo ritrae poco dopo essere sceso dal treno: ha capelli scuri legati da un codino a tupè con un elastico, barba incolta, canottiera nera, bermuda di jeans chiari.

simon gautier

Passa la notte su una spiaggia lungo il sentiero della Masseta, poi, all’alba si addentra sul pianoro di Ciolandrea. Vuole tornare a Napoli a piedi, zaino in spalla. Ma durante il percorso, Simon sbaglia tragitto, imbocca un sentiero interno, non ufficiale ma indicato su cartine di mappatori presenti sul web, che passa per l’affascinante Grotta Ru Savucu. Lungo il cammino, si ferma a fotografare uno scorcio meraviglioso di mare. Per farlo, sale su una roccia granulosa di origine carsica, una roccia che lo tradirà. Quella, infatti, è la sua ultima fotografia.

Quando manca circa un quarto alle nove, Simon precipita per cinque metri, massacrandosi le gambe. Il sangue che esce a fiotti gli annebbia la mente, in quel punto non c’è connessione Internet, può solo telefonare. Prova a contattare la sua coinquilina a Roma, che conosce il suo itinerario di viaggio, ma lei non risponde. Allora prova con il 112. L’unico indizio che riesce a dare agli operatori è questo: “Io vedo il mare”. Lo rimbalzano al 118 ma Simon dà delle indicazioni sbagliate. Non ha attivato il Gps, non conosce bene la zona, è confuso. Parla di Policastro, invece che di Scario, la telefonata, descritta con dovizia di particolari, è surreale. Neanche allora Simon smette di essere educato. Chiede scusa: “Scusa, potete aiutarmi”.

Raccapricciante il balletto interminabile di chiamate che si innesca dalla prima telefonata al 112. Quando la macchina dei soccorsi si mette in moto, Simon è già morto. L’ultima cosa che ha visto è il mare meraviglioso del Cilento.

Il suo corpo viene recuperato nove giorni dopo. Lo trovano disteso davanti a un cespuglio della costa della Masseta, a San Giovanni a Piro, Golfo di Policastro, Cilento, Sud, Italia, “Europa, forse”, visto che l‘Italia, all’epoca, ancora non ha adottato il sistema di geolocalizzazione Alm imposto da una direttiva Ue. Viene portato via a bordo di un gommone dalla spiaggia della Carcarella. Nel luogo in cui i suoi piedi hanno perso la presa decretandone la morte, oggi c’è una pietra con il suo nome e una croce. Gli abitanti del luogo vi hanno piantato un cipresso, un albero scelto perché non esiste nella fauna del posto. Messo lì, in quel luogo speciale, non può confondersi con nulla intorno. Proprio come Simon.

simon gautier

Al suo ritrovamento seguono giorni di dolore e di polemiche tra Francia e Italia.

Luca Maurelli ci racconta perché Simon aveva scelto il Cilento (i professori del dottorato gli avevano dato il compito di studiare la bellezza, lo avrebbe fatto a vita, fino alla morte). Ci descrive il ragazzo: colto, un cittadino del mondo, “un uccello volubile”.

Sappiamo cosa aveva con sé nello zaino, il tema della sua tesi di laurea, gli incontri avuti in Italia per portare a termine quella di dottorato. Maurelli ci restituisce Simon. Quello che per tanti è stato solo il nome in un episodio di cronaca, torna così ad essere un ragazzo fatto di anima e carne straziata dalla caduta dal dirupo.

Simon aveva con sé un libro, l’Idiota di Dostoevski (che sembra ripercorrere la sua stessa tragedia, come si evince dagli stralci che Maurelli usa per arricchire ogni capitolo del volume, come nei migliori romanzi), chiuso in una busta bianca con sopra disegnato un grappolo di uva viola, logo di una famosa enoteca romana a un passo dalla casa in cui il ragazzo viveva con altre studentesse. Quel grappolo d’uva diventa un legame importante tra Simon e i suoi soccorritori, Raffaele, Angelo, Lele.

È Angelo che lo individua, da lontano, sul Ciolandrea. La sua sagoma “è un trattino sbiadito per chi osserva dall’alto”,  “la busta, lo zaino, le sue cose sono 5 metri sopra di lui”. La natura piena di colori restituisce così il corpo del viaggiatore che aveva voluto trattenere nella sua bellezza.

Simon non muore sul colpo. Secondo i periti della Procura, la vita lo abbandona in pochi minuti, secondo l’avvocato della famiglia, Maurizio Sica (il suo studio ha assistito anche la famiglia di Cristina Alongi, uccisa da un albero mentre era alla guida della sua auto, in via Tasso, a Napoli), la sua agonia dura 45 minuti. Eppure, scrivendo su Google le poche informazioni che Simon aveva dato agli operatori dei numeri di emergenza, il sentiero si sarebbe potuto individuare facilmente, spiega il legale al processo. In mezzo anche elicotteri guasti ed altri impegnati nella ricerca della cannabis. Mentre un ragazzo stava morendo dissanguato.

Simon non è l’unica vittima di cronaca che Maurelli ci ha restituito come essere umano. Prima di lui, con Viaggio al centro della notte c’è stata Livia Barbato, uccisa in un frontale dopo un’inversione a U in tangenziale mentre era in auto con il fidanzato, Aniello Mormile, autore del folle gesto.

In entrambi i casi, non può non colpire la delicatezza e la sensibilità con cui Maurelli maneggia le due giovani vite come fossero fragili cristalli, il desiderio, tangibile, di effettuare, un viaggio alla scoperta di se stesso e di offrire la stessa possibilità ai lettori. Colpisce, ad esempio, che in un capitolo di “Io vedo il mare”, Maurelli racconti il suo cammino sul sentiero dove ha trovato la morte Simon, un tentativo di capire meglio il ragazzo, ma anche una sorta di viaggio interiore, effettuato anche attraverso stralci di libri che non possono lasciare insensibili gli amanti dei viaggi e della solitudine.

Con il suo libro Maurelli non restituisce dignità solo a Simon (e prima di lui a Livia), ma anche al mestiere di cronista, troppo spesso violentato da giornalisti che assomigliano a guardoni, che indugiano su particolari macabri quanto raccapriccianti. E mette al centro della narrazione il Cilento, luogo meraviglioso ma anche maledetto, che Simon aveva amato e che tutti noi, cittadini del Sud (“Europa, forse”), spesso dimentichiamo di rispettare.

Il pianoro del Ciolandrea, oggi, è un luogo meno pericoloso di prima: i sentieri, anche quello su cui è morto Simon, sono meglio segnalati e meno infidi, le guide sono pronte a portarti su e giù in sicurezza. È un posto più sicuro. Grazie anche al ragazzo francese. Purtroppo.

Luca Maurelli è giornalista e autore di libri d’inchiesta. La prefazione del volume è a cura di Giuliano Ferrara, fondatore de Il Foglio, le conclusioni a cura di Massimiliano Gallo, direttore de Il Napolista. Il libro – che ha il patrocinio dell’associazione Autism Aid Onlus – sarà presentato venerdì 2 luglio alle ore 15 alla Fiera del Libro “NapoliCittàLibro” di Palazzo Reale.

Qui il book trailer.

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