Non è in discussione l’intensità del contatto. Ma Doveri avrebbe dovuto ammonire Viola a quel punto. Il Meridione non c’entra, Cagliari è più a Sud di Benevento
Un rigore dato, poi tolto, che potrebbe decidere la corsa salvezza del Benevento, che si giocava tre punti fondamentali nello scontro diretto col Cagliari. L’intervento di Asamoah su Viola viene inizialmente sanzionato dall’arbitro Doveri; richiamato al Var, guarda le immagini e decide di tornare sui propri passi. Il Benevento avrebbe potuto pareggiare, subirà il gol del 3-1 pochi minuti dopo. Lo sfogo del presidente Vigorito, che invoca il complotto intorno alla figura di Mazzoleni, resterà a lungo nell’immaginario collettivo per toni e contenuti.
Il punto su cui si fonda la tesi della congiura al Meridione (tra l’altro Cagliari è molto più a Sud di Benevento) è che essendo in discussione l’intensità del contatto, questa non sia una fattispecie in cui l’arbitro assistente in video non possa intervenire perché il giudizio di queste situazioni è demandato soltanto al direttore di gara. Per cui Mazzoleni sarebbe andato oltre la propria competenza suggerendo al collega la on-field review per favorire il Cagliari. La dinamica del contatto però permette di supporre un altro tipo di interpretazione. Nei replay dell’azione si vede meglio come Viola si lasci andare prima di arrivare a contatto con Asamoah, con l’intento di conquistare un calcio di rigore. Un aspetto impossibile da cogliere in presa diretta e dalla posizione di Doveri.
È questo che presumibilmente ha convinto Mazzoleni ad intervenire, una potenziale simulazione, che su un rigore concesso può configurare il caso di “chiaro errore”, anche se non sembra questo il caso. Una ricostruzione simile sarebbe confermata dalla frase che, secondo quanto riportato alcuni organi di stampa, Doveri avrebbe rivolto a Viola: “Non ti ammonisco perché c’è stato un contatto”. Il che vuol dire che l’arbitro ha considerato la volontà del calciatore nel ricercare il contatto, che ha trovato ma solo dopo essere già in caduta. La soluzione comunicativa però non è delle più felici: se viene considerato in modo prioritario e discriminante il contatto (e non il comportamento), vuol dire che l’arbitro a prescindere da tutto non sarebbe potuto andare a rivedere l’azione perché appunto si parlerebbe di intensità dello stesso e il Var altrettanto non avrebbe potuto suggerire la review. Il risultato è un modo di fare sbagliato da un punto di vista procedurale, che ha come naturale conseguenza la violazione del protocollo Var. Prestando in questo modo il fianco a sfoghi, rabbia, complotti e così via.
Quindi, tolto il calcio di rigore, dal momento che Asamoah non tocca il pallone, Viola sarebbe dovuto essere ammonito per simulazione: il fatto che tocchi il giocatore avversario dopo essere caduto, non lo esime dall’ammonizione in virtù di un contatto cercato con atteggiamento “doloso”. Il regolamento dice che il cartellino giallo viene comminato se un giocatore “tenta di ingannare l’arbitro, ad esempio fingendo un infortunio o di aver subito un fallo”, quindi non c’è bisogno che ci si tocchi.
Per quanto riguarda la valutazione del contatto, sul fatto che sia o meno rigore, il contatto è effettivamente al limite. Il comportamento di Viola porta ad indurre la squadra arbitrale a non accordare il calcio di rigore, scelta più che condivisibile, ma solo dopo la revisione delle immagini: in presa diretta la scorrettezza di Asamoah sembrava evidente ed è ragionevole che l’arbitro si orientasse per il fallo. La stessa cosa che è successa in Napoli-Cagliari, episodio citato da Vigorito e Inzaghi, dove il Var era sempre Mazzoleni. Fabbri fischia un’irregolarità contro l’attaccante nigeriano per un presunto fallo su Godin, che le immagini hanno smentito. Ma Mazzoleni non ha indirizzato la decisione del collega per incompetenza del Var nei casi di valutazione d’intensità del contatto, seppur minimi. Quello che abbiamo visto oggi, ci ricorda che le impressioni del campo e la visione delle immagini possono originare valutazioni e interpretazioni del tutto opposte. Un paradosso che nel calcio esiste ed esisterà sempre e con cui forse è bene imparare a convivere.