ilNapolista

Quando il pari era una mezza vittoria e il catenaccio l’arma dei poveri

Il Napoli, proveniente da dieci stagioni di meraviglie, ricorra a un catenaccio che sa di antico contro l’Atalanta new entry del gioco spettacolo. Ma adesso si dovrà giocare

Quando il pari era una mezza vittoria e il catenaccio l’arma dei poveri

Una volta, quando c’era il totocalcio, un pareggio a due zeri era considerato una goduria. Il pubblico apprezzava, se pure a metà. L’imperativo era “non perdere”. Sul pezzo ci stavano stopper, terzini che azzannavano, quelli fluidificanti, portieri che paravano a modo di Albertosi o come Sarti. Sul resto ci pensavano fantasisti, ali e bomber a guardia della propria zolla.

Gli appassionati si accontentavano del pari. Lo consideravano una mezza vittoria, non una mezza sconfitta. Il punteggio non era generoso. Due punti per la vittoria, uno per il pareggio che valeva e faceva classifica. Per il resto zero. Le squadre meno dotate si organizzavano con difesa a oltranza e contropiede, per la felicità dagli allenatori, che potevano esibire tattica, furbizia e opportunismo.

Solo due risultati. Con l’Atalanta bisognerà giocare

Il catenaccio era l’arma dei poveri, non sempre perdenti, anzi. A teorizzarlo proprio il ct della nazionale, Vittorio Pozzo, che temeva la superiorità fisica degli avversari e preferiva affrontarli con un gioco meno bello, ma con difesa di ferro e contropiede. Vinse due mondiali, nel ’34 nel ’38, e le Olimpiadi del ’36. I successori più famosi Nereo Rocco ed Helenio Herrera, nell’Italia della schedina e del vivo e vegeto catenaccio come disposizione dell’anima.

Ancora catenaccio, ma è cambiato tutto

Accade, però, che, a distanza di settant’anni, negli stadi svuotati dal Corona virus, il Napoli, proveniente da dieci stagioni di meraviglie, ricorra a un catenaccio che sa di antico contro l’Atalanta new entry del gioco spettacolo.

Ecco allora i due intramontabili partiti, della cautela e del coraggio. Ma non si può giocare come ai tempi degli illuminati italianisti. Quando non c’erano le “rose” milionarie, i debiti stratosferici delle società, la resa al capitale multinazionale, il gioco “liquido”, i tuttocampisti, i falsi nueve, i centrali senza libero e i portieri che, con la teoria dell’uomo in più, badano più ai piedi che alle mani.

Perdenti e soddisfatti

Non bastano i gol, solo così si spiega l‘insoddisfazione del popolo azzurro. I numeri in dare – avere del Napoli (gol fatti e subìti) non sono avari e nemmeno manca qualche bella prestazione – spettacolo, come con la Roma, l’Atalanta, Fiorentina, Inter. E’ il gioco che latita, che fa vincere e divertire. Uno zero a zero è triste e non si concilia col carattere e con gli umori della città. Non sono i tempi del vecchio totocalcio.

ilnapolista © riproduzione riservata