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Lo sfogo di Gattuso è stato grottesco, ma pure la società non brilla

È un tecnico senza futuro chiamato a gestire un febbraio terribile. Bravi Inzaghi e John Malkovich Pioli

Lo sfogo di Gattuso è stato grottesco, ma pure la società non brilla

La sorpresa sono gli Aquilotti.

La delusione la Dea.

La partita più bella si gioca a Bergamo.

Ormai la sfida è un classico del campionato. Ed è sempre di più “la partita”.

Cosa si inventa stavolta il geniale Inzaghi?

Zero possesso per non attivare duelli con gli uomini di Gasp.

Palla subito sulle punte che tagliano e portano fuori posizione i tre difensori nerazzurri che marcano ad uomo.

Al primo anticipo sbagliato, buco e gli Aquilotti volano in porta.

L’intuizione di Correa prima punta e Ciro d’Italia rifinitore si rivela vincente. Meraviglia!

Autentica lezione di calcio.

Vendicata l’eliminazione di Coppa. Quinta vittoria consecutiva e sorpasso servito.

Uomo del giorno Manuel Lazzari. Cade in area e aiuta subito l’arbitro a prendere la decisione corretta. Applausi.

Diavoli ancora di rigore al Dall’Ara.

Storcono il naso in molti.

Ma quando una squadra gioca soprattutto in area avversaria, il fallo da rigore diventa una eventualità statisticamente da routine.

Merito tutto di John Malkovic Pioli.

Squadra verticale.

Inserimenti rapidi degli esterni che irrompono in area come treni.

Facile che l’avversario preso dal panico prima o poi qualche errore lo fa.

Quattordici rigori sono tanti. Ma il Milan, per il gioco bello che sviluppa, per l’impegno che dimostra, merita in pieno il primato.

I cugini dell’altra sponda dei Navigli alla fine vinceranno, così come da tempo prevedono gli astri.

Ma il Diavolo è una realtà e venderà cara la sua pelle.

Un’altra realtà è che il Toy Boy è il Toy Boy e noi non siamo un cazzo.

Lui se ne frega del Covid e se ne va a Courmayeur.

Pagherà 400 euro di multa. Sette minuti del suo stipendio.

Stessa cifra anche i suoi accompagnatori e le guardie del corpo.

Sette giorni del loro stipendio.

Per il Pirlocchio nulla di grave. Era il suo giorno libero.

Giornatacce per il povero Toy Boy.

Prima la ferale notizia divulgata dai giornali che lo stipendio della Pulce è il doppio del suo.

Poi perde anche il record di “salto in alto”.

Perché il difensore del Motherwell, Bevis Mugabi segna di testa elevandosi fino a raggiungere i 262 cm di altezza. Un’elevazione di 75cm.

Battuto il celebratissimo record stabilito oltre un anno fa a Marassi contro la Sampdoria, quando il lusitano aveva raggiunto “solo” i 256 cm in altezza con una elevazione di “appena” 71cm.

Intanto gli agnellini festeggiano per la Juve il titolo di Regina delle Plusvalenze.

Nicolò Rovella. Classe 2001. Valore Transfermarket 4 milioni di euro. Contratto in scadenza, cioè domani si può prendere gratis.

Ma la Juve l’ha acquistato per 18 milioni + altri 20 di bonus nei prossimi anni, per un totale di 38 milioni.

Manolo Portanova, Valore Transfermarket 1 milione di euro.

Il Genoa l’ha acquistato dalla Juve per 10 milioni più bonus.

Elia Petrella, classe 2001. Valore Transfermarket 400 mila euro.

Ma il Genoa l’ha acquistato dalla Juve per 8 milioni più bonus.

Plusvalenze e senso del pudore.

Era il 20 settembre e gli azzurri scendevano al Tardini pieni di mille speranze.

La squadra con la terza rosa più ricca, garantiva assolutamente la Champions.

Un tecnico di nome Gennaro ormai completamente ambientato, simpatico e ambizioso, amatissimo per la schiettezza, da ruspante uomo del sud, ammiccava la licenza di sognare anche sogni molto più ambiziosi.

E poi Victor. L’acquisto più costoso della storia del club.

Entrò nel secondo tempo, quel giorno e fece subito impazzire il tifoso.  Velocità, determinazione, entusiasmo, simpatia immediata.

Anche per via di una tecnica un po’ approssimata, che era un indizio scanzonato di crescita.

Altra storia dopo quattro mesi.

Falle un po’ dappertutto in quella rosa invidiabile. Che forse invidiabile non era. Soprattutto sugli esterni.

Un’organizzazione di gioco poco adatta agli uomini a disposizione.

I risultati incostanti.

Sei sconfitte.

Un peso statistico che cancella i sogni ambiziosi.

E rende la Champions un obbiettivo tutt’altro che sicuro.

Il tecnico che fu amatissimo precipita nei consensi.

Il suo carattere schietto soccombe a una primitiva cocciuta ostinazione.

Victor è sparito.

La sfiga prima e la balordaggine poi lo hanno fatto fuori.

Victor è sparito e, senza di lui, boccheggia la squadra su di lui costruita.

In un clima che oscilla fra il mesto e l’incandescente, si riparte col Parma.

Azzurri in vantaggio con una giocata individuale del Diamantino macedone.

Poi il Gattaccio un po’ per fifa un po’ per dimostrare duttilità e smentire la natura testarda, sorprende tutti e schiera insolitamente cinque uomini in difesa.

E’ una pernacchia all’ambiente e all’Impomatato reo di aver sondato in settimana l’Oste Rafael, dopo la sberla di Verona e l’imbarazzo del secondo tempo contro lo Spezia in Coppa.

Brutto spettacolo poi. Dove nessuno brilla.

Non brilla il Gattaccio nel suo sfogo un po’ grottesco.

Non brilla la società.

Che pure vanta solidità economica e bilanci in ordine.

Che paga in anticipo gli stipendi, unico esempio in Italia.

Ma che non sa ancora – e forse non vuole – darsi una dimensione interna da grande squadra, con ruoli strategici ben definiti e chiari.

E’ un tecnico senza futuro il Gattaccio, e andrà via.

Non ora, perché il momento è delicato.

Andrà via, anche se la squadra dimostra di essere con lui.

E’ un tecnico senza futuro il Gattaccio, chiamato a gestire un febbraio terribile.

Tutti gli obbiettivi sono ancora lì. Nulla ancora è perduto.

Ma tutto in un mese si potrebbe perdere.

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