ilNapolista

Ci vuole la testa per il Napoli elastico che vorrebbe Gattuso

L’allenatore sta provando a variare sistemi nella stessa partita, non sempre però la concentrazione dei calciatori è adeguata

Ci vuole la testa per il Napoli elastico che vorrebbe Gattuso

Gattuso ha raccontato (benissimo) Napoli-Sassuolo

Nell’intervista postpartita rilasciata a Dazn, Gennaro Gattuso ha fatto una disamina perfetta di Napoli-Sassuolo e, più in generale, dei pregi e dei difetti della sua squadra, quindi anche del suo approccio personale al gioco. Ha utilizzato di nuovo il termine «pensante», riferito ai suoi giocatori, a come vorrebbe la sua squadra– una scelta semantica di cui abbiamo scritto a suo tempo in questo articolo; ha detto che «giocare un certo tipo di calcio vuol dire starci dentro con la testa per 95 minuti, e invece il Napoli commette un errore e da lì inizia a sbagliare alcuni movimenti»; e poi ha risposto in maniera anche un po’ stizzita a una domanda su «una partita da 50 e 50» per occasioni create: secondo il tecnico calabrese, infatti, il Napoli ha meritato di battere la squadra di De Zerbi.

Gattuso ha ragione. Ieri sera, soprattutto rispetto alle gare contro Udinese e Parma, abbiamo visto un Napoli molto più a suo agio in tutte le fasi di gioco. E non si tratta di un cambiamento, piuttosto di una conferma rispetto a quanto abbiamo scritto recentemente in questo spazio: la squadra azzurra soffre, non riesce a essere pericolosa, anzi rischia tantissimo in fase difensiva quando gli avversari sono chiusi, arroccati nella propria area. Sembra un paradosso, invece non lo è. Ce ne siamo accorti proprio ieri sera contro il Sassuolo, una volta di più.

Una partita di tennis

Dicevamo che Gattuso ha ragione. È vero, e sono i numeri a dimostrarlo: il Napoli ha tentato tre volte la conclusione per ogni tiro del Sassuolo (21 a 7); ha centrato lo specchio della porta di Consigli quattro volte di più rispetto ai giocatori di De Zerbi (8 a 2). E anche i già celebri quattro gol annullati per fuorigioco nascono da situazioni borderline: un controllo sbagliato di Fabián Ruiz, uno dei pochissimi rinvii lunghi di Consigli su Djuricic – con anticipo pessimo di Manolas –, un pallone perso da Insigne a centrocampo e un passaggio errato di Maksimovic.

Al netto di questi svarioni individuali, il Napoli è sembrato a suo agio perché ha trovato un avversario con caratteristiche simili alle proprie, un’identità di gioco ambiziosa e valori inferiori. Si può dire che la squadra di Gattuso abbia giocato una partita di tennis dopo averne disputate due di squash: stavolta l’avversario non ha fatto come Udinese e Parma, non ha alzato un muro difensivo, piuttosto era un’entità calcistica che ha cercato di proporre, anzi di imporre, qualcosa di proprio. Attraverso la costruzione dal basso, attraverso la difesa alta, attraverso meccanismi che puntano a muovere i giocatori avversari così da creare gli spazi adatti per colpirli.

Fin dai primissimi istanti di partita, il Sassuolo sceglie di difendere in avanti, di lasciare molto campo alle spalle della linea difensiva. A fine gara, il report della Lega Serie A ha rilevato che i neroverdi hanno tenuto un baricentro ai 48 metri in fase di non possesso; una posizione più avanzata rispetto al Napoli, che si è “fermato” ai 45 metri.

Riprendiamo il paragone con il tennis e “raccontiamolo” coi dati: ieri sera Napoli e Sassuolo hanno tenuto il possesso palla al 50%. Praticamente un colpo (un’azione da costruire) a testa, proprio come avviene sull’erba di Wimbledon, sul rosso di Parigi o sul veloce di Flushing Meadows. Poi, ovviamente, ci sono i colpi vincenti e gli errori forzati. Il Napoli, proprio come fa un tennista che batte l’avversario, ha sfruttato molto meglio le proprie opportunità. Come detto, infatti, i dati offensivi degli azzurri sono superiori. E basta riavvolgere il nastro della partita per vedere che, effettivamente, la squadra di Gattuso ha creato molte più occasioni, anche piuttosto nitide.

Si ripropone il discorso precedente: in certe partite, la squadra di Gattuso si esprime meglio. Anzi, è addirittura favorita. Perché in realtà la qualità dei giocatori azzurri è molto alta, soprattutto quando hanno gli spazi per aprire il gioco, per rendere più fluide e veloci le combinazioni palla a terra, quando riescono a verticalizzare senza dover riparare sempre sull’esterno. Una possibilità che diventa anche un invito a osare in fase difensiva: contro il Sassuolo, ieri sera, il Napoli ha spesso alzato l’intensità del proprio pressing, in pratica ha provato a contrastare i suoi avversari con le loro stesse armi.

Quest’ultima dinamica non è stata utilizzata molto contro Juventus e Barcellona, se non in parte, in certi momenti. Contro una squadra con i valori del Sassuolo, risulta più sensata: De Zerbi potrà essere anche un grande amante del possesso ragionato, ma la qualità dei suoi giocatori non è eccelsa. E infatti il Sassuolo ha perso per 14 volte il pallone, mentre il Napoli si è fermato a 8. Al Camp Nou, probabilmente, vedremo un Napoli che attiverà questo tipo di pressing con meno frequenza, solo quando si creeranno certe condizioni.

Cinque contro cinque ben oltre la trequarti del Sassuolo.

In realtà anche ieri sera il Napoli si è ritirato tutto dietro la linea della palla in alcuni momenti. Torniamo per un attimo alle parole di Gattuso all’inizio, ai «95 minuti con la testa nella partita»: il sistema difensivo del Napoli è molto vario, cioè alterna momenti di grande aggressività a momenti in cui gli spazi non vengono attaccati, piuttosto sono occupati, presidiati, con le linee compatte del 4-5-1. Una cosa non esclude l’altra, anzi le dinamiche sono consequenziali: quando il pressing non è efficace, i giocatori azzurri rinculano subito all’indietro.

Questo atteggiamento misto è dispendioso per i calciatori, soprattutto se poi occorre accompagnare la fase offensiva con un certo numero di calciatori – Gattuso ha detto anche questo, ieri sera: «Ci sta concedere qualcosa quando vuoi portare e porti cinque o sei uomini nella metà campo avversaria». È un gioco di equilibrismi e compensazioni molto complicato, ed ecco perché la fase di transizione negativa – ovvero il momento in cui il Napoli o qualsiasi altra squadra passa dalla fase offensiva a quella difensiva – è la più difficile da preparare, soprattutto in caso di scompenso o di letture sbagliate. L’abbiamo visto anche ieri sera: come detto, le occasioni migliori del Sassuolo – praticamente tutte le reti vanificate dal Var, ma anche uno degli altri due tiri in porta “reali”, quello di Djuricic al 45esimo – nascono da errori individuali dei giocatori di Gattuso. E poi esistono anche i meriti degli avversari:

In un’azione del genere è difficile dare colpe alla difesa, i passaggi e i movimenti sono di qualità, si vede che il Sassuolo è una squadra programmata per questo genere di manovre. Non a caso, viene da dire, De Zerbi e i suoi uomini non sono andati molto lontani dalla qualificazione all’Europa League.

Come ha attaccato il Napoli

Dall’altra parte del campo, abbiamo visto qualcosa di più rispetto alle ultime gare. O meglio: qualcosa di diverso. Il Napoli ha avuto più spazi ma ha saputo anche sfruttarli, grazie a movimenti interessanti, soprattutto sulle fasce laterali. Molto spesso, infatti, la squadra di Gattuso è riuscita ad attaccare con entrambi i terzini, mentre i laterali d’attacco rientravano verso il centro del campo per organizzare la manovra d’attacco. Non a caso, Insigne è stato il secondo giocatore azzurro per palloni giocati (75, solo Hysaj è arrivato a 76) e anche Callejón è risultato più coinvolto rispetto ad altre partite (36 palloni giocati e 5 passaggi chiave).

Nel frame in alto, Callejón viene a impostare nel ruolo di terzino destro; dall’altra parte, Insigne è nel mezzo spazio di centrosinistra, con Zielinski che è scalato nella sua posizione; nella grafica sopra, i posizionamenti medi delle due squadre nel primo tempo

Questa dinamica relativa alle catene laterali ha portato il Napoli ad attaccare con un futuristico 2-3-4-1 nel primo tempo. Una scelta ambiziosa per non dire ardita, che però non ha portato a grossi scompensi in fase difensiva. È una cosa che, ripetiamo, dipende dall’atteggiamento degli avversari: contro squadre che provano a ragionare su ogni azione, perché possa diventare una manovra offensiva pericolosa, il Napoli soffre meno. Anzi, molto meno. In pratica, gli viene concesso il tempo e lo spazio per riorganizzarsi, per rientrare in difesa. Quando invece gli azzurri affrontano sistemi più elementari, più diretti, finiscono per palesare il loro limite maggiore: l’esecuzione delle transizioni difensive.

Conclusioni

Napoli-Sassuolo doveva essere una partita tatticamente interessante, e non ha tradito le attese. Ha evidenziato una volta di più come il lavoro fatto da Gattuso abbia dato un’identità forte ed elastica alla squadra azzurra, ma anche che esistono delle criticità da risolvere. Soprattutto in vista della stagione che verrà. Il futuro prossimo, infatti, è già delineato: a Barcellona, nell’unica partita che resta e che conta davvero, vedremo una squadra che non rinuncerà mai all’equilibrio difensivo, a giocare sempre il pallone, ad attaccare in transizione. Che proverà a mettere insieme la capacità di soffrire e l’ambizione di costruirsi le proprie azioni – da dietro e poi negli spazi lasciati liberi dagli avversari.

È esagerato e semplicistico dire e pensare che il Sassuolo sia un Barcellona in miniatura, e che quindi al Camp Nou vedremo una partita simile a quella vista ieri sera. Non è così, Messi e compagni terranno molto di più il pallone perché sono più forti dei giocatori di De Zerbi. Allo stesso tempo, però, va detto che l’allenatore bresciano è uno dei più avanguardisti d’Italia. La sua squadra pratica un calcio di stampo europeo, internazionale. È una delle poche a farlo dal settimo posto in giù della Serie A. Ed è proprio su questo punto che deve lavorare Gattuso.

L’anno prossimo, infatti, il Napoli dovrà sfidare di nuovo Udinese, Parma, Genoa, Torino; squadre con sistemi calcistici –legittimamente – distruttivi, anzi ostativi, prima che costruttivi. La creazione di meccanismi d’attacco (più) efficaci anche in spazi ridotti deve diventare l’obiettivo del tecnico calabrese, anzi la sua ossessione lavorativa. Non a caso, il mercato in entrata è partito con Osimhen, una punta diversa da quelle attualmente in rosa. Al di là del valore del giocatore, si tratta di un segnale chiaro sul Napoli che sarà.

ilnapolista © riproduzione riservata