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I 5 milioni alle Bahamas di Fontana “erano soldi di mamma”: “All’epoca i conti offshore erano di moda”

Il governatore della Lombardia a Repubblica: “Ma i miei genitori non evadevano. Mia madre faceva la dentista, era una fifona…”

I 5 milioni alle Bahamas di Fontana “erano soldi di mamma”: “All’epoca i conti offshore erano di moda”

Quando si scoperchiano i pentoloni, alla fine, il copione prevede sempre un “a mia insaputa”. Nel caso del governatore della Lombardia Attilio Fontana, si tratta più che altro di un “mio malgrado”. Fontana ha usufruito della voluntary disclosure riportando in Italia 5,3 milioni di euro che giacevano su due conti off-shore alle Bahamas. Ma erano soldi di mammà.

In un’intervista su Repubblica Fontana si fa “scudo” dell’eredità di famiglia. Non è colpa sua, e comunque è tutto legalissimo che il Presidente di una Regione (finito tra l’altro al centro di un’inchiesta sulla fornitura di camici nella sanità regionale affidata alla società del cognato…) avesse più di 5 milioni al riparo dalle tasse italiane. E però, appunto, era roba dei suoi genitori:

“Quel conto non solo è perfettamente legale e frutto del lavoro dei miei genitori, ma è dichiarato, pubblico e trasparente; è riportato nella mia dichiarazione patrimoniale pubblicata sin dal primo giorno del mio mandato sui siti regionali come la legge prevede. Quello all’estero era un conto che avevano i miei genitori, una cosa purtroppo di moda a quei tempi. Poi, alla morte di mio padre il conto passò a mia madre. Morta mia mamma, a 93 anni, io l’ho ereditato e l’ho dichiarato nel rispetto delle leggi italiane e pagando il dovuto”.

La domanda successiva è d’obbligo? La madre faceva la dentista, erano soldi frutto di evasione fiscale?

“Ma che dice? I miei hanno sempre pagato tutte le tasse, mio papà era dipendente della mutua, mia madre era una super-fifona, figurarsi evadere…Non so davvero dirle perché portassero fuori i loro risparmi. Comunque era un conto non operativo da decine di anni, penso almeno dalla metà degli anni Ottanta”.

Cinque milioni in due trust in un paradiso fiscale, non per evadere, era solo “una moda”.

Fontana parla anche della presunta frode dei camici. Fontana “constata” che “il mio legame di affinità” col cognato “aveva solo svantaggiato una azienda legata alla mia famiglia”.

Il cognato – scrive Repubblica – propone alla Regione la fornitura di camici a titolo oneroso, ma quando viene scoperto è costretto a fare marcia indietro (o forse è lei che lo costringe) e trasforma l’appalto a pagamento in una donazione. I 25mila camici ancora non consegnati a Regione Lombardia il cognato di Fontana ha provato a piazzarli a prezzo maggiorato di 3 euro a una clinica.

“L’elemento più importante e che nessuno sottolinea è che la Regione Lombardia non ha tirato fuori un euro. E se questo è accaduto è perché io ho fatto rilevare la inopportunità di quella situazione. Chi non comprende il livello di gravità ed emergenza nella ricerca spasmodica di presidi per medici e infermieri, o è stupido o è in malafede. Inoltre ricordo che tutti gli acquisti svolti in quella fase erano in regime di emergenza e seguivano procedure eccezionali tali da non richiedere la sottoscrizione del patto di integrità. Glielo dico ancora una volta. Deve essere chiaro a tutti che in quei giorni contavano i minuti e quindi ogni elemento che portava ritardi nella procedura metteva a rischio vite umane”.

Fontana, evidentemente in piena trance agonistica, continua a difendere il gran lavoro della Regione durante l’emergenza sanitaria. E aggiunge:

“Lo vedo anch’io questo tentativo di ri-centralizzazione. Ma se venisse presa questa direzione, l’impatto sarebbe devastante. Pensate solo cosa sarebbe accaduto se non ci fossero state le regioni ad affrontare l’emergenza sanitaria!“.

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