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Una vita da Renato Pozzetto: ho imparato da Gaber, Jannacci e Fo. Ma mi ricordano per “eh, la madonna!”

Bella intervista al Corriere della Sera, tra intimi ricordi famigliari (“mio padre non era mai andato nemmeno al bar”) e della scena milanese degli anni 80. “Ma ora vorrei solo sognare mia moglie”

Una vita da Renato Pozzetto: ho imparato da Gaber, Jannacci e Fo. Ma mi ricordano per “eh, la madonna!”

Se lo ricordano tutti per “eh, la madonna!” o “taaac”. Lo sa, e lo dice, Renato Pozzetto. Il quale resta un feticcio degli anni 80 con una carriera infinita, e una vita di aneddoti che non finiscono mai. Ne parla in un’intervista al Corriere della Sera, durante la quale si snocciolano numeri che a ripensarci non diresti mai: 140 film, compreso uno in cui già avanti con l’età Neri Parenti lo costringe a mettersi in fasce come un bebè: “Mi sono un po’ vergognato”.

Per c’è tutto il ricordo di quell’ambiente milanese, del Derby, di un tempo in cui scroccavi cene per locali con un futuro Premio Nobel.

“A Milano, per mancanza di fondi, andavamo all’osteria dell’oca d’oro in Porta Romana, piena di artisti, con Piero Manzoni, Lucio Fontana… noi cantavamo canzoni popolari e approfittavamo del vino che girava. Poi, vicino, apre il Cab 64, dove incontriamo: Giorgio Gaber che ci insegna a suonare la chitarra, più a Cochi, che era bravino; Enzo Jannacci, con cui scriviamo le prime cose, tipo la gallina l’è intelligente; Dario Fo che veniva a darci il suo parere; Bruno Lauzi e tutti i futuri nostri amici”. “Con Dario Fo passavo le ferie a Cesenatico, un promotore del posto ci invitava tutti gratis”.

Ci sono dettagli di una tenerissima vita privata. Il papà, racconta, che non è mai uscito la sera. Nemmeno una volta nella vita.

Mai andato al bar, andava solo a messa la domenica. Una mattina, quando faceva il pendolare con Milano, ho sentito che mi dava un bacio nel sonno. Non m’aveva mai baciato. Mi è piaciuto moltissimo e ho voluto convincermi che lo facesse ogni mattina”

Pozzetto racconta che “c’era stato il ’68, ma non ci spaccavamo la testa per raccontare chissà che”. Però con Amare Ofelia (“Jannacci disse che era una boiata, a me sembrò carino”) vince il Nastro d’argento. Un film vietato ai minori di 14 anni, con una scena di nudo. “Era roba che ora vedi la domenica mattina dopo la messa del papa. Io e Cochi non siamo mai stati volgari”.

Era la scuola milanese, quella romana era più volgare, tra barzellette e parolacce: “Mi spiace solo che alla fine al cinema abbiano vinto loro”

Cochi e Renato. Nati coppia, da piccoli, poi da giovani. Talmente coppia che “per anni, non ci distinguevano. Nacque la mia Francesca e l’infermiera gridò in sala parto: è nata la figlia di Cochi e Renato”. “Non abbiamo mai litigato, ci vediamo sempre”.

Pozzetto parla con una delicatezza infinita della moglie, morta 10 anni fa:

“La conobbi sul lago, stessa compagnia, a 16 anni. Era molto spiritosa. È stato un grande amore, durato fino a 10 anni fa, quando è mancata. Non era affascinata dal cinema e questo mi ha aiutato. Non è mai voluta venire a Roma. Non era gelosa. Non ero Mastroianni. Quando Marcello veniva a Laveno a trovarmi, uscivamo col motoscafo Riva e le donne lo acclamavano dalla strada”.

Cochi sostiene che fa sogni che lo fanno ridere pure nel sonno… “Io vorrei sognare mia moglie, non è mai successo”.

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