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Tamponi solo con più di 37,5 di febbre. Una norma scellerata che trasforma i medici in untori

Sul CorSera il paradosso che ha reso gli ospedali la principale fonte di contagio, tra tamponi non previsti a meno di casi eclatanti e assenza di dispositivi di protezione 

Tamponi solo con più di 37,5 di febbre. Una norma scellerata che trasforma i medici in untori

Un contagiato su dieci è medico o infermiere. I morti, tra i medici, sono arrivati a 50. Gli ospedali sono sempre più un veicolo di contagio, come denunciato dai medici di Bergamo sul New England Journal of Medicine.

Non solo il personale medico-sanitario è spesso privo delle protezioni che dovrebbero difenderlo dal virus, ma non viene sottoposto tempestivamente a tampone. Anzi, in presenza di lievi sintomi, a meno che non abbia febbre alta, è chiamato a lavorare lo stesso. Lo dice la legge, scrive il Corriere della Sera.

L’indicazione arrivata da Roma il 10 marzo è chiara.

«Per l’operatore asintomatico che ha assistito un caso probabile o confermato di Covid-19 o l’operatore che ha avuto un contatto stretto in ambito extra lavorativo, non è indicata l’effettuazione del tampone».

E ancora:

«In assenza di sintomi non è prevista l’interruzione dal lavoro».

Così, medici e infermieri continuano a lavorare senza protezioni e senza poter sapere con certezza se sono stati contagiati o meno. Con evidente preoccupazione, come racconta un’infermiera al quotidiano.

«Sono andata al lavoro e mi sono sentita una terrorista che poteva spargere il virus nel mio ospedale».

L’ultima direttiva della Regione Lombardia, che risale al 23 marzo, stabilisce che a inizio turno il personale sanitario debba provare o autocertificare la temperatura. Oltre i 37,5, si ha «diritto» al tampone. Ma quando arriva la febbre il medico o l’infermiere potrebbe aver già diffuso il virus da giorni.

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