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«Mi sento un reduce di guerra. Al Cotugno non sei mai solo, nessuno si sottrae»

Il Mattino intervista il paziente 1 napoletano, dimesso dall’ospedale: «Ho visto persone che ciondolano con il cane al guinzaglio, altri che stazionano in strada. Così si dà una mano al coronavirus»

«Mi sento un reduce di guerra. Al Cotugno non sei mai solo, nessuno si sottrae»

Il Mattino intervista il paziente 1 napoletano, l’avvocato dello studio Di Monda. E’ tornato a casa dopo quasi un mese di ricovero al Cotugno, guarito. Ora prova solo una grande gratitudine verso i medici che lo hanno curato.

«Ho visto persone lavorare senza sosta anche per quattordici ore al giorno, lì dentro non sei mai solo, lì dentro nessuno si sottrae».

Si sente un fortunato, nonostante tutto.

«Ho ricevuto una terapia d’urto che è risultata efficace, anche se mi porto addosso i postumi di una polmonite».

Ma si sente anche come un reduce di guerra.

«È una guerra. Mi sento un reduce di guerra. E gli ospedali sono come gli ospedali da campo allestiti in trincea. Un concetto che non è chiaro a tutti, almeno secondo quanto ho avuto modo di vedere venendo a casa dall’ospedale».

Perché, racconta, c’è ancora troppa gente per strada.

«Abito in un quartiere del centro di Napoli e ho visto persone che ciondolano con il cane al guinzaglio, altri che stazionano in strada con buste della spesa. Non è questo il modo di comportarsi in guerra, così si finisce di dare una mano al nemico invisibile che si chiama coronavirus. Mi auguro che ci sia una quarantena più rigorosa in questo fine settimana, non abbiamo altri modi per respingere l’assalto del virus».

L’avvocato pensa di aver contratto il virus a Milano, dove lo studio Di Monda ha una succursale, ma non ne è certo, visto che il Covid-19 circolava già nel Paese, quando lui lo ha preso. E’ stato il paziente 1

«Perché sono stato il primo a chiedere con insistenza che mi venisse praticato il tampone, anche se non avevo febbre altissima. Ancora oggi mi chiedo perché lo Stato non investa in un settore cruciale come la sanità».

Subito dopo aver accertato la malattia, racconta, ha avvisato il Consiglio dell’Ordine e chiesto di rinviare tutte le udienze.

«Abbiamo agito con tempestività e buon senso. Se tutti si fossero comportati così, oggi ci sarebbero meno contagiati».

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