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“Le porte chiuse devono valere per tutti”. De Laurentiis si è fatto valere per il rinvio di Napoli-Inter

Ha giustamente imposto il suo peso “politico”, inaccettabile la diversità juventina: le motivazioni del Prefetto di Napoli sovrapponibili a quelle di Torino

“Le porte chiuse devono valere per tutti”. De Laurentiis si è fatto valere per il rinvio di Napoli-Inter
Perché Napoli-Inter non si gioca a porte chiuse? Perché la semifinale di ritorno di Coppa Italia è stata rinviata a data da destinarsi e non sarà semplicemente disputata senza pubblico al San Paolo? La risposta è politica, ed è nascosta nel sottotesto delle “motivazioni” dell’ordinanza del Prefetto di Napoli, Marco Valentini: ha vinto De Laurentiis.
Basta leggere tra le righe del comunicato che fa pari e patta con quello del collega di Torino che ieri aveva fatto saltare l’altra semifinale, Juve-Milan. Nel comunicato c’è scritto che “è stato evidenziato il probabile afflusso di tifosi per i quali non sarebbe possibile individuare con esattezza la provenienza, indipendentemente dalla residenza, in quanto potrebbe trattarsi di persone provenienti, per motivi di lavoro o di studio, dalle aree” a rischio contagio.
E poi che “sono stati venduti circa 40 mila biglietti, circostanza che determinerebbe inevitabili assembramenti per controllare gli ingressi allo stadio; che non è possibile adottare misure sufficienti a prevenire la diffusione di contagio in caso di assembramenti massivi, come in occasione di importanti eventi sportivi che prevedano la presenza di diverse migliaia di persone; che pertanto il citato provvedimento di divieto di vendita dei tagliandi ai residenti nella Regione Lombardia, già assunto per motivi di ordine pubblico, non risulta sufficiente a prevenire la possibile diffusione del contagio”.
È quasi il copincolla delle “motivazioni” che Aurelio De Laurentiis ha trasmesso al telefono, “su tutte le furie”, ieri ai vertici della Lega e ai rappresentanti del Governo. Il Napoli ha spiegato che ai cancelli d’ingresso del San Paolo si sarebbero potute presentare persone residenti a Napoli, ma che vivono in Lombardia o in altre zone rosse e che sarebbero sfuggite a qualsiasi controllo.
Un dettato, in pratica. Ma lo stesso comunicato, con le stesse argomentazioni, sarebbe valso per un’eventuale decisione di far giocare la partita come da programma, ma a porte chiuse. Dov’è la differenza? Perché si è scelto di rinviare?
Se lo continuano a chiedere anche i commentatori nello studio di Sky, con l’inviato in collegamento da Palazzo Chigi dove il governo è in riunione per decretare (anche) misure finalmente univoche per tutto il pallone nazionale. E che vanno proprio nella direzione opposta: d’ora in poi si va avanti a porte chiuse.  La risposta è che il calcio, per l’ennesima volta (e forse ultima di quest’emergenza) ha funzionato con una sua logica. Col bilancino politico, e gli equilibri di potere incastrati come uno shangai: “se loro così, perché allora non noi?”. Il Napoli ha imposto il suo peso. Di forza. Proprio un attimo prima che la palla avvelenata passasse nel campo del governo nazionale.

Ieri in Lega De Laurentiis si è allineato ai diciotto “sì” del calendario traslato di una giornata, lasciando l’Inter da sola all’opposizione. E dopo aver digerito il bello e il cattivo tempo della Juventus su rinvii, porte chiuse e porte aperte, ha formulato la presa di posizione di principio: o tutti o nessuno. Juve-Milan non si gioca? E non si gioca nemmeno Napoli-Inter. Stop.

La domanda infatti che resta in ballo è all’origine dei fraintendimenti: perché la semifinale in programma a Torino, dopo aver ballato per giorni su fantasiose restrizioni (possono entrare i piemontesi, ma non i lombardi, i veneti e cittadini di Pesaro e Urbino…), è finita nello stesso limbo di Juve-Inter? Rinviata, e non giocata a porte chiuse. Le motivazioni addotte dal Prefetto di Torino sono un’ulteriore versione dello stesso canovaccio. E la risposta “logica” non c’è. E’ politica. E questa volta vale per tutti.

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