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Il viceministro Sileri racconta la sua malattia: «Ora donerò il sangue per estrarre gli anticorpi»

Al CorSera: «Ho fatto la cura a casa, a un certo punto ho temuto il peggio. L’Italiano, di Toto Cutugno cantato dalle finestre mi ha fatto compagnia»

Il viceministro Sileri racconta la sua malattia: «Ora donerò il sangue per estrarre gli anticorpi»

Il Corriere della Sera intervista il viceministro della Salute, Pierpaolo Sileri. Medico, il 13 marzo scorso è risultato positivo al Covid-19. Adesso sta bene. Racconta che il virus gli ha lasciato, in ricordo, l’assenza di odori e sapori. Non sente più nulla, come raccontano tanti dei guariti. E racconta anche di aver avuto paura.

«Ma ero preoccupato più per la mia famiglia. Avevo paura di lasciare sola Giada, mia moglie. Quando la febbre è salita e la saturazione è scesa a 89 ho pensato che morire era diventata davvero una possibilità concreta. E così ho pensato a mio padre che morì giovane a 45 anni e a mio figlio Ludovico che ha 8 mesi, ho pensato all’ingiustizia che avrebbe vissuto anche lui crescendo senza padre come me».

Appena il medico dell’Asl gli darà il nulla osta tornerà a lavorare. Ed ha subito un desiderio da realizzare.

«Ho letto del protocollo di Pavia: dal sangue dei guariti di coronavirus gli scienziati del San Matteo puntano a estrarre gli anticorpi. Ecco, vorrei andare là a donare il mio sangue per aiutare chi oggi ne ha bisogno».

Il viceministro descrive la sua malattia.

«Mercoledì 11 marzo accuso bruciore agli occhi, raffreddore e febbre, subito decido di autoisolarmi, io in camera da letto, mia moglie e il bambino nelle altre stanze. Giovedì 12 la febbre sale e chiedo di fare il tampone. Venerdì 13 faccio il tampone e ho la notizia. Comincia il weekend più duro: febbre alta e saturazione che scende fino a 89, valore basso rispetto ai 98 che è la norma. Non riuscivo neanche più a prendere il termometro sul comodino per la poca forza che avevo. Così, l’infettivologo decide per la Tac, ma martedì 17 i valori dell’ossigenazione risalgono a 95 e mercoledì 18 la febbre sparisce. Domenica 22 e lunedì 23 faccio i nuovi tamponi. E martedì 24 alle 8.30 arriva il risultato: anche il secondo è negativo, così finalmente apro la porta della camera da letto e vado da Giada e Ludovico. Per abbracciarli, però, aspetto ancora il nulla osta del medico».

Si interroga su quando possa essere stato contagiato.

«Forse il 2 marzo, forse in aeroporto, quando salii a Milano a visitare gli ospedali, andai anche al Sacco. Di sicuro, non ho preso il Covid negli studi televisivi: nessuno dei conduttori si è contagiato».

Su una cosa, invece, non ha dubbi. Il momento più bello della sua quarantena è stato sentire le canzoni al balcone.

«Quando una sera ho sentito una musica da fuori, io abito vicino al Gazometro e dal palazzo di fronte delle persone affacciate cantavano la famosa canzone di Toto Cutugno l’italiano. Così mi sono affacciato e avrei cantato anch’io ma non avevo voce. Poi, però, quella canzone me la sono scaricata sullo smartphone e ogni sera me la sentivo, prima di addormentarmi. Toto Cutugno mi ha fatto compagnia».

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