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Severgnini: le chat Whatsapp usate come un parco giochi ma si può finire in tribunale

Sul CorSera: i gruppi sono ormai una zona franca, dove tutto è consentito. Meglio un esame di coscienza ricordando una regola: meno è meglio 

Severgnini: le chat Whatsapp usate come un parco giochi ma si può finire in tribunale

Sul Corriere della Sera, Beppe Severgnini dedica il suo corsivo domenicale alle chat, in particolare a quelle di classe.

Lo spunto è offerto dal gruppo Whatsapp di alcuni genitori di Ferrara finito nelle aule di un Tribunale. I genitori, scrive,

“convinti che un’educatrice dell’asilo-nido fosse responsabile di maltrattamenti — una sculacciata a una bimba di due anni — hanno creato un gruppo per cercare altre testimonianze. Da quel momento, ogni episodio di irascibilità, incubi o piccole regressioni dei figli veniva ricondotto alla maestra, subito licenziata”.

In sede penale, durante l’istruttoria, continua

“è emerso però che, nel gruppo dei genitori, «qualcuno aveva la tendenza a drammatizzare». Per il giudice, le chat hanno creato un allarme crescente, creando fenomeni di suggestione”.

Da qui l’assoluzione della maestra, che adesso potrà chiedere un risarcimento.

Severgnini sottolinea l’uso improprio che fanno delle chat molte persone che conosce,

“Spesso persone con esperienza e responsabilità. Per loro, i social sono un parco-giochi. I gruppi WhatsApp, una sorta di zona franca, dove tutto è consentito. Sghignazzare e fare battutacce come adolescenti in libera uscita, o peggio: insultare questo e quello, bestemmiare, sparare battute razziste, trattare le donne come oggetti (con tanto di foto). Una volta si diceva: linguaggio da caserma. Nelle caserme, oggi, dicono: linguaggio da chat. Che può finire in tribunale: imbarazzando anche coloro che, su quella chat, si sono comportati con buon senso. Suggerisco un doppio esame: di coscienza, e dei nostri gruppi WhatsApp. Ricordando una regola (che ho trasformato nel mio motto professionale): meno è
meglio”.

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