James scrive l’ultima lettera a Bryant: “Ora ai Lakers, a noi, ci penso io”. E intanto l’NBA rimanda il derby di Los Angeles
Mentre il mondo tentava di elaborare il lutto inondando i social con ogni tipo di ricordo, coccodrillo, citazioni, commiati, di Lebron James è calato dall’internet solo un video: il suo arrivo all’aeroporto di Los Angeles, in ciabatte e cappuccio, mentre scoppia a piangere.
Mentre il mondo assorbe il ciclopico lavoro dei media per raccontare ogni aspetto della grandezza di una leggenda dello sport che se n’è andata con la figlia e altre 7 persone schiantandosi con un elicottero a 41 anni, Lebron non ha detto niente per quasi due giorni.
Lo aveva appena superato nella statistica dei migliori realizzatori all time della NBA, scavalcandolo al terzo posto. La notte prima. E proprio Kobe si era congratulato, telefonicamente e pubblicamente.
Lebron, che ora ha in mano i destini dei Lakers, che furono per 20 anni terra di Kobe e basta. La canotta 24 e 8 ritirate per sempre. I Lakers che Kobe scelse a dispetto della “scelta” del draft 1996, spaccando pure i riti del mercato americano: Charlotte lo prese come 13esimo, ma lui disse in maniera piuttosto esplicita che “o Lakers o niente”, “me ne vado a giocare in Italia, piuttosto. Lì mi aspettano a braccia aperte”. I Lakers fecero uno scambio e così fu: Bryant per sempre. Ecco, ora c’è Lebron.
E Lebron al giorno due ha preso la parola. Anzi, s’è preso su quelle spalle giganti un’eredità mastodontica. E ha scritto su Instagram:
“Non sono pronto, ma ecco qua. Sono seduto davanti al pc cercando di scrivere qualcosa su questo post ma ogni volta che ci provo inizio a piangere al solo pensiero di te, di Gigi e dell’amicizia, del legame e della fratellanza che ci univa! Ho letteralmente sentito la tua voce domenica mattina prima di lasciare Philadelphia per tornare a Los Angeles. Non avrei mai e poi mai pensato che quella sarebbe stata la nostra ultima conversazione. WTF! Ho il cuore a pezzi, sono distrutto fratello mio!!! Ti amo come un fratello maggiore, i miei pensieri ora vanno a Vanessa e alle bambine. Ti prometto che raccoglierò io il tuo testimone! Hai voluto dire così tanto per tutti noi qui — noi della #LakersNation — per cui sento come una mia responsabilità quella di caricarmi sulle spalle la tua eredità e continuare quello che hai fatto!! Chiedo al cielo di darmi la forza e di assistermi in questa missione: a NOI ora ci penso io. Ci sono tante altre cose che vorrei dire ma ora proprio non ci riesco, non riesco ad andare avanti! Fino alla prossima volta in cui ci rivedremo, fratello”.
Los Angeles nel frattempo è diventato il centro di quello stesso mondo che non se ne fa una ragione. Poiché le coincidenze del fato a volte sono impressionanti, proprio stanotte era in programma il derby tra Lakers e Clippers. Ma la Lega ha deciso che sarebbe stato troppo: troppo doloroso e troppo presto. Per cui ha rinviato la partita a data da destinarsi “come segno di rispetto verso l’organizzazione dei Lakers che è stata colpita dalla tragica perdita di una leggenda come Kobe Bryant, di sua figlia Gianna e di sette altre persone, in seguito all’incidente in elicottero di domenica”.
I Lakers avevano già cancellato gli allenamenti, e messo a disposizione dei giocatori un team di psicologi.
Anche questo dà il senso della portata di questo lutto. Negli USA “the show must go on” praticamente sempre. L’NBA s’era fermata solo dopo la morte del presidente Kennedy nel 1963, dopo l’omicidio di Martin Luther King nel 1968 e dopo bomba alla maratona di Boston nel 2013. E ora per Kobe.