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Silvio Orlando: “La solitudine è una specie di epidemia. L’essere orfani è una cosa che ti definisce come uomo”

Intervista al CorSera: “La depressione è una risposta anche politica: non esistono più le masse, gli studenti, gli operai, ma solo individui che si sentono irrilevanti e, da soli, sono meno attrezzati per sopravvivere”

Silvio Orlando: “La solitudine è una specie di epidemia. L’essere orfani è una cosa che ti definisce come uomo”
Silvio Orlando è il cardinale Voiello in “The young pope”

Il Corriere della Sera intervista Silvio Orlando. C’è di nuovo anche lui in The New Pope di Paolo Sorrentino, in onda su Sky Atlantic dal 10 gennaio.

Racconta di soffrire della sindrome dell’impostore

«Che, anche se hai successo, pensi che derivi da colpi di fortuna o dall’essere lì al momento giusto, ma che prima o poi ti scopriranno».

Ecco perché si spaventa a pensare che la serie tv è stata venduta già in più di 100 Paesi:

«La dimensione mi spaventa. Quando mi ferma un greco, un lituano, penso che ormai rischio di essere smascherato nei posti più inattesi».

Dice di essere stato un ragazzo insicuro e di essere ancora più insicuro oggi.

«Ho l’ansia di piacere a tutti, cosa impossibile. Penso sempre che gli altri hanno più risultati di me e provo una sana o insana invidia».

Racconta di come è entrato nel cast di Sorrentino, del provino su una scena di 13 pagine da recitare in inglese e anche della prima volta che sul set incontrò John Malkovich e Jude Law, del quale dice:

«Jude è anche un ragazzo semplice, gli piace il calcio, ma resta una divinità».

Su Sorrentino?

«È gentile, premuroso, poi viene posseduto dal suo dark side: ha in testa un film già fatto che tu devi rifare e puoi solo rovinare. Allora, a te viene l’ansia e in lui senti la minaccia di uragano in arrivo. La differenza con Nanni Moretti è che Nanni esplode, tutti si fanno piccoli piccoli e questo fa gruppo. Invece, Paolo sta sempre per esplodere e non esplode mai. Però sai anche che è un’occasione irripetibile e che lui sta chiedendo a sé e a tutti una cosa mai fatta. Lui ti costringe a rompere i tuoi automatismi».

Anche per lui è stato lo stesso, dice. Sorrentino gli ha chiesto di essere “inespressivo, senza intonazione” e “ieratico”.

Orlando parla anche della solitudine, sempre più dilagante.

«È una specie di epidemia. C’è una tendenza a chiudersi fino all’isolamento totale, specie nell’adolescenza e nella vecchiaia, negli anni in cui hai più paura di affrontare le sfide o in cui, se puoi, le sfide le eviti. La depressione è una risposta anche politica: non esistono più le masse, gli studenti, gli operai, ma solo individui che si sentono irrilevanti e, da soli, sono meno attrezzati per sopravvivere».

La solitudine è un problema anche per lui:

«Io sento fortissimo il richiamo verso il buco nero. La maschera del mestiere mi costringe a essere sociale, ma sono perennemente sotto attacco. Per fortuna, ho una moglie che mi tutela, mi pedina, è il mio cane da guardia, mi costringe a non fare cretinate».

Racconta anche della perdita della madre, quando aveva nove anni, dopo una malattia durata tre anni

«Quando mi interrogo su cosa ha fatto di me l’attore che sono, devo rispondermi che è stato solo quello. Quei tre anni. Se chiudo gli occhi, vedo ancora la decadenza del corpo, l’essere solo male che ti rende spietato. Da lì, l’idea che il peggio che può succedere è niente, se non uno spunto per ribaltamenti comici. Avere un padre simpatico mi ha aiutato: quando il prete dava a mamma l’estrema unzione, mi ha fatto una faccia buffa delle sue».

Dell’essere orfani, come anche Sorrentino e Jude Law, spiega

«Una cosa che ti definisce come uomo. Anche il nuovo Papa ha un rapporto agghiacciante coi genitori. Nella serie, c’è il tema di come fai il padre del mondo se non sei stato figlio».

 

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