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La Dea Fortuna di Ozpetek sembra dire che i padri, quelli buoni, ci vogliono

Il film affronta il problema della mancanza odierna dei padri, ma il regista nella narrazione smentisce questo assioma e dà grande valore alla figura femminile

La Dea Fortuna di Ozpetek sembra dire che i padri, quelli buoni, ci vogliono

Ha fatto un bel film Ferzan Özpetek il regista italiano di origini turche. Il suo la Dea Fortuna, da un soggetto condiviso con Gianni Romoli e con l’aiuto nella sceneggiatura di Silvia Ranfagni, anticipa temi presenti nella società italiana e che i politici non sanno esistere.

Arturo (Stefano Accorsi) è un traduttore e sta con Alessandro (Edoardo Leo) che di mestiere fa l’idraulico. Vivono a Roma in una sorta di famiglia allargata di quartiere che somiglia ad un mondo di Malausenne post contemporaneo. In questo menage di coppia non perfetto irrompe da Palestrina, Annamaria (Jasmine Trinca), che è stata una delle loro amiche più importanti. E che gli affida temporaneamente la cura dei decenni Martina (Sara Ciocca) e Sandro (Edoardo Brandi), perché deve farsi degli accertamenti.

In questo bailamme Alessandro scopre che Arturo lo tradisce da due anni e si apre la crisi della coppia. Che nel frattempo deve stare vicina ai bambini che sono molto intelligenti e sensibili. La soluzione è quella di affidare temporaneamente alla nonna siciliana Elena Muscara (Barbara Alberti) madre da cui Annamaria è fuggita, Martina e Sandro. Intanto la stessa Annamaria ha fatto testamento per affidare ad Alessandro in caso di sua morte i bambini. “Perché gli è stato vicino con la conoscenza, il dialogo, l’affetto”.

Annamaria non ce la fa ed il finale durante il funerale a Palermo è rivelatorio del rapporto madre-figlia. Da segnalare l’interpretazione dell’attrice stabiese Dora Romano che nel ruolo di Lea, la governante di Casa Muscara, spicca per doti teatrali ed umanità funzionale alla storia.

Il film di Özpetek affronta il problema della mancanza odierna dei padri: Annamaria nelle prime scene dice una frase rivelatoria, “forse è meglio non averlo un padre”. Ma Özpetek nella narrazione smentisce questo assioma e dà grande valore alla figura femminile. Alessandro e Arturo sono bellissimi padri involontari ed anche se la disposizione legataria di Annamaria è come se fosse non scritta – in questo film non si assevera in nessun modo l’adozione per le coppie gay – emerge un altro assioma più forte: i padri, quelli buoni, ci vogliono.

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