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Un mese senza vittorie. Il Napoli mostra timidi segnali di guarigione, ma gioca senza gioia

Milan-Napoli 1-1. Non vince da Salisburgo. Forse, con questo clima, non si può fare di più. La prestazione c’è stata ma la squadra gioca con preoccupazione.

Un mese senza vittorie. Il Napoli mostra timidi segnali di guarigione, ma gioca senza gioia

Era il 23 ottobre, a Salisburgo, quando il Napoli vinse 3-2 in Champions e conquistò l’ultima vittoria della stagione. Da allora, sei partite: cinque pareggi e una sconfitta a Roma. Che il Napoli fosse malato, lo si sapeva già. Malato dentro e fuori, considerata la condizione ambientale, con il clima di forte tensione tra i giocatori e la proprietà dopo l’ammutinamento.

Il Napoli ha pareggiato a Milano 1-1 contro il Milan di Pioli. Risultato tutto sommato giusto. Qualche passo in avanti rispetto ai match contro Salisburgo e Genoa (prestazione preoccupante). È evidente che si tratta di una squadra priva di equilibrio psicologico, che gioca sulle uova. Tatticamente, invece, il Napoli ha mostrato equilibrio con qualsiasi assetto tattico. Da salvare l’impegno di alcuni calciatori, su tutti Allan e Maksimovic. Ma anche Insigne ha dato quello che poteva. Incomprensibile, nella ripresa, l’ingresso di Younes. Ma sono dettagli.

Ancelotti non ha ascoltato le sirene del 4-3-3, almeno non inizialmente. E ha seguito il proprio fiuto. Quando c’è tempesta, è meglio coprirsi. Mediana a quattro con Callejon Allan Zielinski ed Elmas che è stato riproposto laddove – a sinistra – aveva sollevato numerose polemiche a Ferrara contro la Spal. E il macedone ha ben giocato. Davanti, Insigne e Lozano. Che hanno confezionato il gol del Napoli a metà primo tempo, alla prima azione: traversa di Insigne e tap-in intelligente di testa del messicano.

Vantaggio non meritato, che il Napoli non ha nemmeno legittimato. Si è fatto infilare da Theo Hernandez sulla sinistra che ha appoggiato al centro dove Bonaventura ha segnato un gol di forza.

Quel che ha colpito, è stato il timore. Perché poi il Napoli la buona volontà l’ha mostrata. Ha buttato alle ortiche il 2-1 alla fine del primo tempo con Insigne. Poi è cresciuto nella ripresa. Ma non è una squadra allegra, spensierata, non gioca con gioia. Gioca con preoccupazione. E quindi è tutto più macchinoso. Se avesse la testa più sgombra, probabilmente la partita l’avrebbe vinta.

La malattia persiste, non potrebbe essere diversamente in questo clima. A questo punto c’è da chiedersi dive si vuole arrivare. Perché in queste condizioni, col presidente deciso a vendicarsi, probabilmente non si può chiedere di più. Non è un caso che il Napoli sta comunque bene in campo ma non ha la determinazione necessaria per vincere. È un cambio di marcia che difficilmente potrà arrivare casualmente.

Mercoledì il Napoli andrà a Liverpool e giocherà una partita che, grazie anche al risultato di Genk, potrebbe consegnare il primo obiettivo della stagione. Altrimenti sarà decisiva la partita interna contro i belgi. Appuntamento cui gli azzurri dovrebbero arrivare con qualche vittoria, altrimenti diventa difficile. Perché ci si abitua a tutto, anche a non vincere.

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