Il tecnico ha sacrificato giustamente il gioco sull’altare del risultato. L’animale di riferimento di ogni buon allenatore è il camaleonte. Guai a non sapersi adattare
“Il gioco sacrificato sull’altare del risultato. È la via del realismo che ha deciso di intraprendere Carlo Ancelotti per tirar fuori il Napoli (e se stesso) dalla palude”.
Lo scrive Pino Taormina sul Mattino. L’unica cosa da fare, del resto, a Liverpool, contro i campioni di Europa, era coprirsi.
“La svolta di Ancelotti è promossa a pieni voti (ed è stata apprezzata anche da De Laurentiis) e non ci sarebbe nulla di male se venisse riproposta anche in campionato, con Makimovic, Manolas e Koulibaly in campo assieme. Era proprio indispensabile questo catenaccione, che naturalmente è poco elegante definire in questo modo? Sì, per quel che s’è visto era indispensabile”.
Se il Napoli non si fosse coperto, avrebbe potuto ricevere danni incredibili dalla partita di Anfield.
“L’animale di riferimento di ogni buon allenatore è il camaleonte. Guai a non sapersi adattare in fretta ai colori e allo spirito dell’ambiente. Dunque, non deve stupire se la squadra che in serie A, nonostante i problemi dell’ultimo mese, guida la classifica del possesso palla sia proprio lo stesso Napoli di Ancelotti che ad Anfield si è messo dietro il fortino”.
Il Mattino auspica che anche in campionato Ancelotti perseveri nella sua scelta.
“Magari sarà un gioco (molto) meno spettacolare rispetto al sarrismo che ha incantato per tre anni. Ma non è un gioco meno degno di rispetto. Non esistono culture migliori o peggiori, solo diverse”.
