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La Wada pensa di usare l’intelligenza artificiale per stanare i dopati

Su La Stampa la collaborazione con il Fonds de recherche du Québec. Un cervello artificiale allenato a individuare gli atleti sospetti

La Wada pensa di usare l’intelligenza artificiale per stanare i dopati

Sbaragliare gli atleti dopati? La Wada, organizzazione mondiale antidoping, si attrezza per farlo ricorrendo all’intelligenza artificiale e ad una collaborazione eccellente, quella con il Fonds de recherche du Québec.

Lo racconta La Stampa.

L’idea è quella di allenare il cervello di un computer a scoprire i comportamenti sospetti negli atleti.

“Tre progetti integrati e una fase sperimentale in cui nutrire la macchina con i precedenti: 10 mila casi collezionati negli ultimi 5 anni, tutti anonimi. L’idea è far assimilare al computer i comportamenti corretti e quelli sbagliati in modo che sappia come distinguere tra i due, memorizzi abitudini e meccanismi di entrambi e di conseguenza evidenzi la zona d’ombra”.

L’ambizione, spiega il quotidiano, non è fare in modo che il computer individui il dopato,

“ma fargli pescare i tanti andamenti anomali in modo che quei soggetti possano essere controllati”.

In tal senso aiuterebbe anche il test genetico che entrerà in azione, pare, già dalle prossime Olimpiadi. Le nuove analisi precederebbero la sperimentazione del robot e la agevolerebbero perché servono per rintracciare per anni qualsiasi microdose che ora passati pochi giorni non lascia più traccia.

A commentare l’idea del robot è il capo del dipartimento scientifico della Wada, Olivier Rabin:

«Spesso oggi conosciamo le sostanze prima che i truffatori inizino a usarle, il problema più grande è il tempismo e l’AI sarebbe ideale in questo ambito. Per un umano è impossibile calcolare tutte le variabili che portano a valori, atteggiamenti, incroci sospetti ma se noi creiamo un algoritmo quello può individuare le coincidenze».

Ora va chiarito fino a che punto l’intelligenza artificiale possa essere accettata da medici e sportivi. Perché anche se non sostituirebbe il giudizio umano porta con sé diversi interrogativi. Continua Rabin:

«Magari l’algoritmo funziona a meraviglia ma la diffidenza resta. Solo se chi sta nel settore è sinceramente convinto e consapevole il sistema funziona».

 

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