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Gli effetti collaterali del Cagliari per il Napoli

Il Napoli c’è e promette fantacalcio al netto della scivolata d’ordinanza. La squadra e non il mitologico 10, non è stata mai così forte.

Gli effetti collaterali del Cagliari per il Napoli

Tra gli effetti della scivolata del Cagliari ci sarà sicuramente un pubblico ancora più riottoso a riempire lo stadio. Si cercavano le cause del calo biglietti ed eccone qua una, fresca di risultato, qual è stata la stramba partita del Napoli al San Paolo, apparso deconcentrato e inaffidabile per reggere un torneo a punti. Ogni anno ne capitano due o tre di partite mosce con relative recriminazioni. “Se non fosse stato per quella sconfitta…”, “Se non fosse stato per quei punti persi in casa…” e via rimpiangendo fino ad arrivare all’uomo nero moltiplicato per Var.

Dopo la gloria scozzese il Lecce, il Cagliari e i primi verdetti

Il Napoli c’è e promette fantacalcio al netto della scivolata d’ordinanza. In più, c’è Llorente, il Sosa napoletano, che la mette sempre dentro, soprattutto se è “sporca”. Umori border line in città. Per farvi fronte meglio le vittorie che le sconfitte, direbbe Catalano. E in effetti è bastata, ancor prima della barocca sconfitta salentina, una Samp in caduta libera, una Fiorentina bella e perdente, con tanto di compratore amerikano al seguito, e una Juve, che non canterà mai più ‘O surdato annammurato, pena l’inferno di una rimonta, infine il capolavoro della partita con il Liverpool per togliere il Napoli dalle secche delle polemiche e  dall’impaccio di un clamoroso caso nazionale.  Fino al Cagliari. La sconfitta sarà sicuramente assorbita, ma col  tarlo di una contestazione sempre nell’aria al primo starnuto di un risultato mancato. Con le vittorie, però, passa pure il raffreddore.

Comunque, si tratta della piazza più calda del calcio nazionale e della squadra più completa del campionato. Gli abbonamenti sono arrivati a quota 13mila , forse più. La metà della Roma, un terzo dell’Inter (che ne ha fatti 40mila in un botto), con Milan e Juve intorno ai 30mila, Fiorentina e Lazio tra 20 e 17 in aumento. E tanto vale citare anche l’Udinese con 14mila, senza avere Vesuvio, musica e pizza.

Ci vado quando ho voglia

La campagna abbonamenti non è decollata come si sperava. Gli spettatori sono stati 33mila per la “prima” del San Paolo contro la Samp, non il pienone, come da tradizione. I convinti sono cresciuti fino a 40mila per il Liverpool, anche qui non il sold-out. Gran parte del popolo azzurro compra all’ultimo momento e non sembra disposto alla fiducia preventiva. Roba risaputa, come ha scritto Gallo, che desta meraviglia solo in chi non conosce la città e le sue pratiche protestatarie.

Eppure la squadra, dico squadra e non il mitologico 10, non è stata mai così forte. Centrali difensivi diventati top-player, attaccanti tra i più prolifici in Europa, giovani centrocampisti che diventano insostituibili per le rispettive nazionali. Il “ciuccio” della falsa modestia avrebbe già vinto almeno un campionato se non avesse dovuto fare i conti, durante il terzo anno sarriano (quello dei novantuno punti), con lo schianto dell’Inter di fronte alla Juve di Palazzo nella giornata clou dello scudetto.

Il Napoli è forte

A dispetto dell’insoddisfatto in servizio permanente effettivo, il Napoli è l’unica squadra italiana, negli ultimi quattro anni, sempre presente in Champions e, negli ultimi dieci, comunque in Europa. Anche stavolta, con i dispendiosi ingaggi di Manolas e Lozano (ancora da vedere), più l’innesto di giovani di qualità come Elmas e Di Lorenzo o maturi signori del gol come Llorente, non ha rinunciato a mettere benzina 100 ottani nel motore già performante della squadra. Nella formula uno del calcio il Napoli è lì, in cima alla classifica delle grandi, e non si ricorda un periodo di mediocrità, sconfitte e disastri finanziari, come nell’instabile passato della società.

Eppur si critica

Però, l’aria che è tirata, durante la lunga litanìa del mercato, è stata strana. Una sorta di mescola tra attendismo rassegnato, le solite critiche al padrone del vapore e il top che non c’è e neppure  arriva. Facendo ricorso a un ossimoro si può dire che è spirato da queste parti “vento di bonaccia”, mentre le avversarie con relativo mondo ultras festeggiavano, sospinti dal ponentino,  acquisti, secondo loro decisivi, e ricapitalizzazioni  da nababbi.

Ma una Napoli così a corto di entusiasmi, carnet e biglietti per la ricerca del Santo Gral dello scudetto, nessuno se l’aspettava. Perché la piazza è importante, perché è conosciuta come dodicesimo uomo in campo, perché possiede l’ allucco più forte d’Europa all’apice di We are the Champions, perché è stata una squadra (vincente) che ha avuto la fortuna di giocare con Maradona.

Strana aria, erede della diserzione di spettatori nella fase finale dello scorso campionato; seconda in classifica, eppure “protestata” sui manifesti in pubblica piazza da una minoranza di ultras quanto si vuole, ma capace di influenzare l’umore e l’etichetta della città.

Icardi e consorte

Dei motivi che possono spiegare la mezza defaillance  degli abbonamenti se ne può fare un campionario: gli spigolosi rapporti tra presidente e tifo organizzato in tema di prezzi e grandi acquisti, il ritardo nella consegna dello stadio, lo sbrigativo cca ‘a pezza (le presunte vittorie) e cca ‘o sapone (gli abbonamenti),  le estenuanti trattative per il top-player dei sogni mai arrivato, la “distrazione” di alcuni giocatori allettati dai mega-ingaggi delle corazzate del calcio europeo, la migrazione di Sarri e del suo gioco nell’Allianz Stadium, mai del tutto digerita. E, a chiusura del cerchio, un turbolento e storico tifo organizzato alla ricerca di privilegi, ma scontentato da un DeLa urticante e guerriero (per fortuna).

Napoli milionaria

Basta scegliere. C’è di tutto, a dispetto dello stadio imbellettato d’azzurro. Ma né i prezzi (acqua passata con la messe di sconti) né gli sgambetti del Palazzo né  i “tradimenti” dei miti viventi possono spiegare la diffidenza e i silenzi rassegnati che hanno circondato la fine del mercato del Napoli, nonostante le new entry di qualità. Momenti topici della diserzione il tormentone  di Cavani dato a Napoli (ricordate?), ma comodamente ‘assettato’ a Parigi su una montagna di soldi. O quello surreale di Icardi e consorte, corteggiati in coppia, ma divorziati da Napoli prima ancora di sposarla. Nomi che, seguendo il romanzo popolare,  profumano di sicura vittoria (in teoria). Fa niente che, quando si vince, la squadra è già la più forte del mondo, l’allenatore il più bravo e il presidente il più geniale.

Per spiegarsi Napoli, infatti, occorre la metafisica dell’essere (napoletani), non la fisica degli oggetti sensibili come una plusvalenza o un bilancio sano. Simpatie e antipatie verso giocatori, trainer e presidente vengono attribuite secondo misteriose percezioni popolari.

Affari e passione

Pure la Juve, per mirare alla Champions, ha dovuto affidarsi al mito vivente di Ronaldo in campo. Un modesto consiglio al capacissimo DeLa: continui ad essere un abile uomo d’affari, che è utile per il Napoli, ma faccia un po’ anche il tifoso “irrazionale”. La fortuna l’accompagna. Scommettiamo che il giocatore carismatico ce l’abbiamo già e si chiama Llorente?

 

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