ilNapolista

A Palermo le bruschette ai ricci di Spanò sono patrimonio dell’Unesco

Un ristorante al centro, condotto in maniera teatrale. Un’immersione in un’altra dimensione. Ai fornelli marito e moglie, lui sosia di Giancarlo Giannini

A Palermo le bruschette ai ricci di Spanò sono patrimonio dell’Unesco

Giancarlo Giannini

Se andate a Palermo e amate i ricci, e non disdegnate simpatia e originalità, dovete andare a mangiare da Spanò. Ristorantino Spanò, questo il nome del locale. Che è un’immersione in un’altra dimensione. Non solo gastronomica. È nel centro di Palermo, vicinissimo al mercato del Capo, in una piazzetta che infonde serenità. Che sembra un borgo di pescatori.

Noi siamo arrivati presto per cena e abbiamo trovato Giuseppe che è primo cameriere, secondo cameriere, capo sala. Fa tutto lui ma non prende le comande. Ai fornelli c’è la coppia che incarna l’anima del locale. Lui e lei di cui purtroppo abbiamo dimenticato il nome. È scritto nella presentazione del menù. Sergio – lui – è il sosia di Giancarlo Giannini, in tutto e per tutto. Dagli occhi blu alle espressioni. Avrà studiato, anche se lui dirà di no. Quando il cliente deve ordinare, lui lascia la cucina e cambia ruolo. Giuseppe si defila ma non scompare. Perché Giuseppe ha il compito di fare la spalla. Mentre ovviamente sparecchia, apparecchia, porta acque minerali, secchielli del ghiaccio, deve raccogliere al volo qualsiasi indicazioni di Sergio/Giancarlo Giannini che suggerisce il vino basandosi su introspezioni psicologiche mai invasive, sempre leggere.

Presa la comanda, Sergio torna ai fornelli dove rimane sempre la di lui consorte.

“I nuovi mostri”

Alla domanda. “avete i ricci?”, Giuseppe risponde: “e se non abbiamo i ricci, dobbiamo chiudere”. Quando compare Sergio a prendere l’ordinazione, gli parliamo dei ricci e lui – come se fosse un medico che sta fornendo la cura al paziente – dice: “Giuseppe, allora segna bruschette con i ricci, le devono provare”.

Le bruschette con i ricci di Spanò vanno immediatamente spedite all’Unesco, vanno chiamati gli emissari i commissari tutti gli ari possibili. E convocati a Palermo per una degustazione. Vengono servite con l’origano. Ed è una fortuna. Perché se con voi al tavolo siede una persona allergica all’origano, questo vi consentirà di averne un’altra porzione. Ed è in quel momento che si avverte il senso ultimo – meno di denuncia, se volete – de La grande abbuffata di Marco Ferreri che qui con Giuseppe si sarebbe fatto delle gran risate. E avrebbe riso ancora nell’ascoltare le grida di litigi provenienti dalla cucina. Si litiga da Spanò, e noi immaginiamo che lo facciano ogni sera, ogni giorno. Come nell’indimenticabile episodio de “I nuovi Mostri”: “Hostaria!” diretto da Ettore Scola. Sontuosa perculata della haute bourgeoisie.

È tutto molto teatrale. Forse senza copione, non lo sapremo mai: è la loro grandezza. E mentre finisce anche la seconda sperlonga di ricci di mare, e intanto continuate a sentire le campane, Giuseppe accoglie clienti francesi, inglesi e poi lascia il posto a Sergio. Noi abbiamo assaggiato solo la caponata di melanzane prima del doveroso tributo agli spaghetti ai ricci. E abbiamo visto passare uno spaghetto cozze vongole che ha provocato alla signora francese la stessa reazione di Meg Ryan in “Harry ti presento Sally”.

Il conto è un dettaglio, una formalità. È come quando Vecchioni scrisse: “Gli anni sono solo dei momenti, tu sei sempre stata qui davanti”. Comunque non è caro. Di certo si gode.

ilnapolista © riproduzione riservata