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Coppa Italia: striscione fascista e cori razzisti, ma la partita si gioca

Gli Irriducibili laziali non sono nuovi ad iniziative del genere. La condanna della Società: “La tifoseria non è responsabile del comportamento di pochi elementi”

Coppa Italia: striscione fascista e cori razzisti, ma la partita si gioca

Quella che avrebbe dovuto essere la partita della distensione dopo il caso Acerbi e i cori razzisti contro Bakayoko si è trasformata in un match all’insegna del fascismo e del razzismo e proprio alla vigilia della festa della Liberazione.

Abbiamo scritto, ieri, dello striscione che gli Irriducibili della Curva Nord laziale hanno esposto a Piazzale Loreto, a Milano, inneggiante a Mussolini. Proprio dove il fondatore del Partito Nazionale Fascista fu appeso a testa in giù dai partigiani con l’amante Claretta Petacci. Oggi i giornali riportano i dettagli del blitz dei tifosi laziali.

Vestiti di nero, con il capo coperto da cappellini per evitare l’identificazione. Un capo ultrà che urla due volte “camerata Benito Mussolini”, con il saluto fascista. Gli altri che rispondono “presente”. Un coro contro i milanisti e tutti via.

È accaduto ieri alle 14. La polizia è stata avvertita da un cittadino che ha chiamato il 112, ma quando la volante è arrivata non ha trovato più nessuno.

Gli ultrà identificati

La Gazzetta dello Sport racconta che la Digos ha identificato almeno 22 tifosi, di cui 19 laziali e 3 interisti (la curva della Lazio è gemellata con i tifosi nerazzurri).

Il CorSera aggiunge che è stato anche accertato che l’uomo che comandava i cori è il leader degli Irriducibili, Claudio Corbollotti, 53 anni, con precedenti per resistenza e armi e un  Daspo nel 2004.

“Lo stesso Corbollotti ha avuto anche un ruolo nello staff di Gianni Alemanno, quando il politico di An era sindaco di Roma”.

Gli identificati rischiano fino a 3 anni di reclusione per il reato di manifestazione fascista, in virtù dell’articolo 5 della Legge Scelba del 1952.

La condanna delle istituzioni e della Società

Il sindaco di Milano, Giuseppe Sala, ha condannato l’episodio dichiarando che “Milano sarà sempre antifascista”. Il ministro dell’Interno Matteo Salvini ha bollato i responsabili dello scempio come “14 idioti che invece di andare a vedere una partita di pallone vanno in giro per Milano a fare casino”. Si schiera anche l’Associazione nazionale partigiani d’Italia.

“Oltraggio inaccettabile alla memoria di chi ha combattuto per la libertà di tutti noi”.

In serata è arrivato anche il comunicato della Lazio, che “prende le distanze da comportamenti e manifestazioni che non rispondono in alcun modo ai valori dello sport sostenuti e promossi dalla società da 119 anni” e che invita a non considerare l’intera tifoseria responsabile del comportamento di pochi elementi.

I precedenti

I precedenti degli ultrà della Lazio sono tantissimi.

Nel 1992 dall’Ajax arrivò il centrocampista Aron Winter, ebreo e nero. “Winter raus” scrissero gli ultrà laziali e inviarono a casa del giocatore minacce pesanti. Lui tenne duro, scrive Stefano Agresti sul CorSera, “conquistò sul campo i tifosi biancocelesti. Anche i razzisti”.

Il 30 gennaio del 2000, uno striscione esposto in curva recitava “Onore alla Tigre Arkan”. Era rivolto a Zeljko Raznatovic, sanguinario criminale di guerra.

“Perché era un grande ultrà della Stella Rossa e noi siamo ultrà. E perché era amico di Mihajlovic e Mihajlovic è amico nostro”.

Così spiegarono all’epoca i capi degli Irriducibili, che comandavano la curva alla fine degli anni Ottanta.

Nel 2011, in un derby, esposero uno striscione contro la Roma che recitava “Squadra di negri, curva di ebrei”.

Nel 2004 ebbero le porte chiuse in Europa per ululati a giocatori avversari nella partita contro il Partizan.

Nel 2005, durante Lazio-Livorno, in curva Nord comparvero svastiche e la riproduzione del volto di Mussolini.

Nel 2017 il caso Anna Frank: durante Lazio-Cagliari vennero affissi adesivi raffiguranti la ragazzina simbolo dell’Olocausto con la maglia della Roma. All’epoca i laziali dichiararono che non si trattava di razzismo ma solo di uno sfottò.

L’ultimo episodio c’è stato a Sivglia, a febbraio, quando un gruppo di tifosi si è distinto nel saluto romano.

In mezzo, multe e squalifiche, in Italia e in Europa, per ululati razzisti e cori antisemiti.

Gli Irriducibili

Gli Irriducibili sono legati ad altre tifoserie di destra: gli Ultras Sur franchisti, banditi qualche anno fa dal Real Madrid; la terribile Inter City Firm del West Ham; i bulgari del Levski Sofia e i polacchi del Wisla Cracovia.

Si scagliano contro i romanisti, i rossi livornesi, gli atalantini, i fiorentini, i napoletani e oggi, più che mai, i milanisti. Sono guidati dagli stessi ultrà di venti anni fa.

Scrive Agresti:

“Avevano mollato, disgregati da arresti e inchieste, gambizzazioni e daspo. Coinvolti, tra l’altro, nel fallito tentativo di scalata alla Lazio: avrebbero dovuto spingere Lotito a cedere la società a un gruppo ungherese che aveva come riferimento Chinaglia, ma sono stati smascherati e, nel 2015, condannati. Di uno di loro c’è traccia anche nell’inchiesta su Mafia Capitale”.

Non ci sono stati scontri, ieri sera, né altre violenze, ma si sono ripetuti i cori contro Bakayoko, già all’esterno dello stadio. Scrive la Gazzetta dello Sport:

“Nonostante la norma Figc preveda che il responsabile dell’ordine pubblico e i collaboratori della procura federale possano ordinare all’arbitro di non iniziare la gara in caso di episodi razzisti, il match s’è giocato”.

Tiemouè è stato fatto bersaglio di cori per tutta la partita e anche deriso da un tifoso con una banana gonfiabile. A nulla sono valsi i ripetuti richiami dello speaker e neppure il tentativo della curva milanista di coprire i cori con gli applausi. Resta da capire se ci saranno provvedimenti nei confronti della curva laziale.

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