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Ponte Morandi. Altri 40 indagati. E ad Atlantia il crollo è costato 371 milioni

I nomi dovrebbero essere noti stasera. Slitta la demolizione del pilone 8: pericolo amianto

Ponte Morandi. Altri 40 indagati. E ad Atlantia il crollo è costato 371 milioni

La notizia, oggi, è su tutti i principali quotidiani: dopo essere andata a ritroso di almeno 25 anni nelle indagini, la Procura ha deciso di aggiungere alle 21 persone già sotto inchiesta altre 40.

I nuovi avvisi di garanzia

Nel mirino – scrive Il Secolo XIX – sarebbero finiti, ancora una volta, dirigenti e tecnici di Autostrade (in particolare del tronco ligure), di Spea Engineering e del Mit.

Le accuse, per tutti, sono di omicidio colposo e stradale, disastro e attentato alla sicurezza dei trasporti. I pm contestano anche l’aggravante della “colpa cosciente”: molti presero in considerazione l’ipotesi che il viadotto potesse crollare ma, ritenendo che non sarebbe successo, decisero di correre quel “gravissimo azzardo” che si è rivelato fatale.

Il riserbo sui nomi

“Non diamo nomi – ha dichiarato il procuratore capo Francesco Cozzi, scrive Repubblica Genova – fino a quando non sarà notificato l’ultimo avviso di garanzia; non possiamo permettere che gli interessati sappiano dai giornali”.

Qualche avviso è stato notificato ieri, il resto sarà fatto oggi a Genova, Roma e Milano. In serata il procuratore dovrebbe fornire l’elenco preciso.

“Certo è – scrive il quotidiano genovese – che tra i tanti soggetti segnalati in questi mesi dalla Gdf alla magistratura figurano Vito Gamberale, ad di Aspi dal 2000 al 2005 e presidente della stessa società dal 2005 al 2006; poi Paolo Costa, ex ministro dei Lavori Pubblici nel Governo Prodi, attuale presidente di Spea; Domenico Cempella, anche lui ex ad di Aspi, ma anche di Alitalia e della Società Aeroporti di Roma”.

Il nodo principale dell’inchiesta

Uno dei nodi principali è il rinvio del maxi-progetto di ristrutturazione dei tiranti del ponte elaborato da Autostrade nel 2015 ma slittato fino alla tragedia.

I finanzieri ritengono che l’azienda lo abbia rimandato “per drenare i costi e per evitare che fossero compiuti collaudi e verifiche in corso d’opera, dai quali rischiava di scaturire uno stop al traffico sul Morandi”.

Ai funzionari ministeriali è invece contestato di aver allungato la procedura e di non aver segnalato anomalie nonostante al piano d’intervento fossero allegati vari dossier allarmanti.

La demolizione slitta: rischio amianto

Non sarà abbattuto sabato il pilone 8 del ponte. Il rischio amianto esiste. Lo dicono i carotaggi effettuati dall’Arpal: in 7 campioni su 40 prelevati è stato trovato amianto.

Si tratterebbe di amianto naturale e comunque il quantitativo rinvenuto rientra nei parametri di legge, scrive Repubblica Genova, ma l’amianto c’è e questo rende necessaria una nuova analisi del rischio, che poi dovrà essere sottoposta alla Commissione e alle autorità sanitarie e ambientali, Asl e Arpal, per escludere con certezza ogni possibile danno alla salute che possa derivare dall’esplosione e dalla diffusione di polveri.

Così si è espresso, sul punto, il commissario Bucci: “Abbiamo un piano B e C per la pila 8, ma non ho piani alternativi per le pile 10 e 11”.

La denuncia dell’ingegner Camomilla

La presenza di amianto nei traversoni di ancoraggio del ponte era stata denunciata dall’ingegnere Gabriele Camomilla, ex direttore della Ricerca e Manutenzione di Autostrade, che nel 1992 seguì l’intervento di risanamento dello strallo della pila 11 del viadotto. Camomilla aveva portato come prova i disegni originali di Morandi.

Subito dopo il crollo del ponte, l’ingegnere si era schierato tra coloro che avrebbero voluto evitare la demolizione integrale del Morandi, scriveva ieri Il Secolo XIX. Anche senza voler tener conto dell’amianto, l’ingegnere era comunque contro l’utilizzo dell’esplosivo “perché si produce comunque un aumento della concentrazione di polveri che è nocivo per la salute delle persone”.

La tesi di Camomilla è quella sostenuta anche dall’Osservatorio nazionale amianto (Ona) che, assieme al Comitato Liberi cittadini di Certosa, ha presentato nelle settimane scorse un esposto alla Procura di Genova per chiedere di non utilizzare esplosivo perla demolizione di quel che resta del ponte Morandi e dei palazzi sottostanti.

In calo l’utile di Atlantia

Il crollo del ponte Morandi pesa sui risultati del 2018 di Atlantia, holding che controlla Autostrade: l’anno si è chiuso con un calo del 30% a 818 milioni.

La tragedia del 14 agosto è costata 371 milioni.

Il 2018, però, è anche stato l’anno dell’acquisizione di Abertis, con la quale il gruppo Atlantia raggiunge un risultato complessivo proforma con 11 miliardi di ricavi e 7,3 miliardi di Ebitda. Il bilancio consolidato 2018 di Atlantia, approvato dal cda, mostra un margine operativo lordo in crescita del 2% a 3,76 miliardi e ricavi operativi per 6,9 miliardi, in aumento del 16% (+2% escludendo il contributo del gruppo Abertis).

In crescita anche il traffico, sia sulla rete autostradale che negli aeroporti. Tuttavia, gli oneri e gli accantonamenti connessi alla demolizione e al ripristino del viadotto Polcevera incidono sull’Ebitda per 513 milioni.

I soci si preparano a ricevere una cedola di 0,90 euro (-26% dal 2017).

La strategia futura

Raccogliere risorse da investire su nuove iniziative, per proteggere il bilancio. A parlare della futura strategia di Atlantia è stato il ceo aziendale, Giovanni Castellucci: “Valutiamo l’opportunità di aprire il capitale delle nostre varie piattaforme ad investitori di minoranza”. Lo scrive Il Sole 24 Ore che aggiunge che gli asset chiave sono sostanzialmente due: Telepass e Aspi. Castellucci però ha anche rassicurato: “Non c’è urgenza, ci possiamo muovere con tranquillità”.

Il ceo ha aggiunto che non si aspetta “prima di settembre” una possibile soluzione del tema della revoca della concessione, iter avviato dal ministero delle Infrastrutture dopo il crollo del ponte.

FOTO LA STAMPA

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