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Napoli denuncia una disaffezione che riguarda tutto il sistema calcio

Non c’è solo stupido autolesionismo e critiche a vanvera a De Laurentiis. L’Atletico come esempio, la dimensione del Napoli è questa e può essere vincente

Napoli denuncia una disaffezione che riguarda tutto il sistema calcio

Sembra un funerale. A dispetto dei risultati prevale la mestizia. Come in quelle domeniche in cui ognuno si fa i fatti suoi, compra i dolcini in famiglia, se si è abituati ci scappa pure la mezzora di sonno sul divano.  Il Napoli non segna. Gioca bene ma è peggio. Ventimila allo stadio, qualcuno in meno e non in più. Un umore che sta diventando una malattia. Possibile che il calcio non susciti più passione? Proprio a Napoli? Dove per le scampagnate calcistiche in serie C si andava a riempire le trattorie e al San Paolo si tifava  in cinquantamila?

E ora? Da habitué del secondo posto, da negazionisti delle terne arbitrali, dalla Champions, dove si può quel che si può, non ne parliamo di coppa Italia e supercoppa, bottino di riserva per squadre deluse, dalla viva e vegeta Europa League, da tutto questo può essere che non si generi l’emozione? E che il tifo partenopeo, famoso per la sua passione e per lo “strillo” senza pari dell’Inno alla gioia,  sia il più moscio della seria A?

Proposte insensate

Questo il lato dormiente del tifoso deluso, ma c’è anche quello di battaglia, fino al punto di lasciar vuoto lo stadio per una protesta che sa di autolesionismo puro. Una specie di suicidio per mostrare al sistema che Napoli non ci sta.

Eppure, lo scorso anno, il fattore Sarri più gioco più popolo, senza vincere niente, aveva portato entusiasmo (e soldi) nelle casse della società. A Napoli c’è una spia che annuncia la vittoria finale ed è quando allo stadio ci vanno le donne, pronte a parlare con competenza di tattica e gioco. Fu così ai tempi di Maradona. Si sentiva nell’aria che lo scudetto sarebbe arrivato. Muri e tazebao si colorarono di slogan indimenticabili, finanche al cimitero (“e cche te perze”), mancava solo la vittoria a Bologna, con relativa migrazione di massa. Così fu.

Firenze, i semi della disaffezione

Che cosa è accaduto in questi ultimi due anni di prossimità allo scudetto? È accaduto che sul più bello, con l’aria miracolosa che tirava, in un hotel di Firenze gli azzurri avevano appreso che la Juve perdente con l’Inter, negli ultimi secondi del match, era diventata Juve vincente, grazie a espulsioni e gol controversi e contestati. Come dire qua comando io, di riffe o di raffa, e il Napoli stia al posto suo. Almeno così la intesero i giocatori, Sarri e l’entourage del Napoli. Il sogno, così vicino all’aria che tirava in città al tempo di Maradona, si era spezzato. Rabbia e rassegnazione. A Firenze per i napoletani si perse l’innocenza del calcio e si gettarono i semi di un monopolio Juve sul campionato. Anche quando la rimonta dei secondi e la sconfitta della prima sembrano possibili.

Privilegi e sconfittismo

Ai privilegi “politici” che si danno alla prima della classe (mettiamola così), si aggiungono capitali cinoamericani e altre entrate prêt-à-porter che fanno forte chi è già forte e che creano una sproporzione di mezzi ammazza-campionato. Se  a questo si aggiunge il banchiere CR7, che attira ricchi sponsor e cotillons, il cerchio si chiude e sempre a vantaggio del croupier.

Attenzione, però. Napoli denuncia una disaffezione che riguarda tutto il sistema calcio, troppo ricco per essere spassionato, troppo conservatore per aprirsi al nuovo. E’ una questione seria ed è altro dallo “sciopero” del tifo, dalle critiche a vanvera, dalla litanìa su De Laurentiis “ca addà caccià ‘e sorde”.

La Juve non è granché

Un grumo di cazzate autolesionistiche che tolgono peso ad alcune verità: uno, che la storia dei bilanci corretti, delle plusvalenze e della liquidità è l’unico modo per stare in cima alla serie A e nella sporca dozzina delle mejo squadre europee; due, che l’allenatore che deve guidare il Napoli tra gli scogli, sulla nave ci sta ed è una garanzia per la navigazione; tre, che lo sconfittismo è una brutta malattia e viene quando crediamo d’essere il Real Madrid e non l’Atletico, che anche da outsider sa vincere coppe e campionati pur non avendo al soldo i fuoriclasse; quattro, si tratta di fare l’impresa sportiva, sapendo che monopolisti e giudici di gara non ti regalano niente e che la Juve, vista a Madrid contro l’Atletico, non è granché; cinque, di Maradona ce n’è uno, di Messi e Ronaldo giusto due, di italiani cinesizzati sempre di più, a Cavani il premio simpatia per affetto, non si sa mai.

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