L’intervista di Prandelli alla Gazzetta dello Sport: «Bello avere quattro squadre che possono vincere lo scudetto, qui negli Emirati è tutto diverso».
L’intervista alla Gazzetta
Cesare Prandelli, il ritorno dell’ex ct. Oggi è tecnico dell’Al Nasr, club di Dubai. Ma non ha smesso di seguire il calcio italiano, nonostante le grandi differenze culturali. Anzi, proprio da una curiosità di questo tipo parte la sua intervista alla Gazzetta: «Qui l’intervallo di una partita è dimezzato. In Italia quel quarto d’ora lo usi per dare indicazioni. Qui funziona diversamente: tu rientri negli spogliatoi e trovi i ragazzi che pregano, per 7-8 minuti. E non puoi fare niente, solo aspettare che finiscano. Ho pensato all’inizio: “Come si fa?”. Ma poi ho capito, mi sono adattato e ho rispettato le loro abitudini. Anzi, dico di più: ho imparato a calmarmi, di solito in quei momenti l’adrenalina è a mille, si hanno reazioni di pancia…».
Differenze con l’Europa: «Qui la motivazione non sono i soldi, un calciatore negli Emirati guadagna già bene, è mediamente ricco. Un ragazzo in Europa ragiona diversamente. Un giorno ho detto a uno dei miei: “Guarda, devi curare il tuo corpo, è come una macchina di lusso, hai presente cosa voglio dire?”. Lui mi ha guardato e mi ha risposto: “Sì, mister, ma quale macchina intende? Ne ho sette”. Questi ragazzi non giocano a calcio per far soldi. Quindi come allenatore devo trovare un obiettivo da metter loro davanti. Il divertimento in campo è una soluzione. Oppure far intravedere loro la possibilità di arrivare in nazionale».
La Nazionale e la Serie A
Prandelli e l’eliminazione della Nazionale dai Mondiali: «Sono rimasto impressionato, anzi imbarazzato nel trovare gente che mi abbracciava. Non gli italiani all’estero, intendo i locali: dispiaciuti, qui l’Italia ha sempre avuto un grande seguito, solo ora sta un po’ scemando. Venivano da me in lacrime e mi chiedevano come fosse stato possibile. Ma è accaduto, ora si volti pagina. Mi auguro che serva per scavallare, per mettersi tutto alle spalle. Faccio due nomi: vorrei che il calcio fosse guidato da uomini come Damiamo Tommasi e Demetrio Albertini. Serve gente fresca e allo stesso tempo d’esperienza. C’è bisogno di rimettere il pallone al centro di tutto».
La Serie A: «Interessante e incerta. Una fortuna avere 4 squadre che possono giocarsela fino alla fine per lo scudetto. Però, per mantenere un alto livello di competitività sarebbe giusto ridurre il torneo a 16 squadre. Una favorita? Non ne vedo una che si stacca dalle altre. Ma ho un debole per Sarri e il gran lavoro che sta portando avanti. Un periodo di appannamento può starci. In fondo, cos’è in confronto agli ultimi due anni?».