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Sarri: «Questo Napoli è cresciuto tanto ed esalta il mio calcio»

L’intervista di Maurizio Sarri al Guerin Sportivo: «Questo Napoli giustifica un certo ottimismo, dopo quest’esperienza è facile vedermi all’estero».

Sarri: «Questo Napoli è cresciuto tanto ed esalta il mio calcio»
Sarri all'Olimpico di Roma (Cuomo)

L’intervista al Guerin Sportivo

L’abbiamo scritto più volte, in questi giorni: il Napoli 2017/2018 è un Napoli che inizia la stagine comunicando. Interviste, presenze nei media, social network. Quello che serve per trasmettere un’immagine di serenità e di progetto. Sarri al Guerin Sportivo fa parte del pacchetto, e ne viene fuori un ritratto solito ma bello, nel senso di frasi che abbiamo già letto e sentito ma che assumono valore per e nel contesto temporale.

Si parla di calcio, soprattutto. Del Napoli, una squadra che «è cresciuta tantissimo» secondo il suo allenatore. Eccole, le parole di Sarri: «Se vediamo i segnali di crescita che la squadra ha dato in questa stagione è giusto essere ottimisti. La sensazione che questo gruppo sia cresciuto molto quest’anno in me è forte. Lo dico pensando alle milanesi che torneranno, ma anche alla Juve».

Lo scudetto

Sdoganiamo subito il termine, se si parla di Juve si parla di scudetto. Dopo sei consecutivi, è quasi un obbligo morale e dialettico. Sarri ne parla, a modo suo: «Ho sempre detto in questi mesi che lo scudetto è una bestemmia, ma io sono toscano e in Toscana si bestemmia abbastanza. Una bestemmia quindi ogni tanto ci può stare, anche perché può capitare di tutto nella vita».

Capita di tutto, anche di far giocare talmente bene una squadra che poi si scatena il dibattito infinito sulla dicotomia bellezza-trofei. O sul dispendio fisico per attuare certi principi: «Il mio calcio divertente e dispendioso? Visto il livello fisico e mentale su cui abbiamo chiuso la stagione direi di no. Il mio calcio è applicazione e divertimento. E se ti diverti accusi meno. l bambino che è dentro ogni calciatore non va mai spento, perché è solo quello che mantiene il carattere ludico a tutto il resto».

Sarri

C’è poi l’uomo Sarri, che si racconta e si confessa sempre con una certa reticenza. Sempre con le stesse piccole storie, le stesse piccole (grandi) rivincite. «L’esperienza in banca è un valore aggiunto: ho appreso il valore dell’organizzazione e della capacità decisionale. Se posso crescere anche io? Me lo auguro proprio. Sono cresciuto in elasticità rispetto al passato: non considero certi moduli più importanti per esprimermi e altri meno. Conta solo il nostro modo di giocare. Sono arrivato a cose che sembravano impensabili dieci anni fa. E questo forse è il bello di invecchiare. Segreti? Non ne ho. C’è un modo di pensare il calcio che trasferisci nel modo di giocarlo. Nella vita non amo aspettare e così in campo. Voglio determinare. Questo tipo di squadra, veloce nelle gambe e nella testa, esalta il mio calcio. Loro sono funzionali a me e io a loro».

Storia e modelli: «Conosco tanti colleghi nel mondo dei dilettanti che con una attenzione mediatica diversa avrebbero avuto un altro destino. Io tra Eccellenza e Serie D avevo l’ascia di guerra in mano, sempre: però posso dire che l’amore per il calcio l’ho sempre avuto. E l’amore per fare questo ruolo nel calcio è sbocciato dopo Sacchi. Sacchi è stato un innovatore: credetemi che all’epoca vedere improvvisamente una squadra ordinata, armonica in quel movimento tutti insieme, stretta in trenta metri, dopo essere cresciuti con il libero staccato, ti faceva stropicciare gli occhi e dire: “Ma che succede?”».

La storia e la vittoria: «Poi ci sono altri allenatori che hanno fatto la storia, E attenzione perché la storia non la fa solo chi vince: penso all’Olanda, la grande Olanda che è su tutti i libri e che vinse un Europeo ma nel ciclo successivo, non in quello che per la tattica ha fatto la storia. Il calcio tra i dilettanti e il professionismo non cambia solo per la tecnica, cambia soprattutto nella cilindrata di chi va in campo, che è in grado di strappare in pochi metri».

Napoli e (è) il futuro

Sulla città: «Farei fatica a vivere nel caos delle grandi città, Ma io adoro Napoli e la sua umanità. Adoro lo spirito sociale che c’è lì. Mi piace che se succede una cosa al tuo vicino è come se fosse successa a te. Napoli ti dà un amore unico che ogni allenatore dovrebbe provare nella vita».

Sulla squadra, di nuovo: «Insigne ha numero straordinari e ora determina il gioco e le partite, anche in Europa. Milik è un libro tutto da scrivere, Zielinski ha le stimmate del fuoriclasse. Diawara può crescere ancora tanto, Rog si è adattato ai ritmi del nostro calcio e può decollare. Il futuro di Sarri? Io sono abbastanza radicato, ma se devo pensare a un paese estero in cui lavorare penso alla Spagna. È vicina al mio modo di concepire il gioco. Ma mi attira molto anche il calcio inglese, così totale, spettacolare. E guardo con curiosità alla Francia, dove qualcosa a livello di equilibri si sta muovendo. Certo, dopo Napoli, mi viene più facile vedermi fuori».

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