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Napoli, gli studenti del Righi che parlano ai satelliti e vincono la gara internazionale di robotica

Napoli, gli studenti del Righi che parlano ai satelliti e vincono la gara internazionale di robotica

Francesco, Alberto, Emanuele, Giovanni , Alessio, Dario, Davide, Mauro, Pietro e Giuseppe sono i componenti dello ZRighi team, la squadra di allievi dell’Istituto Augusto Righi di Napoli che il 27 gennaio hanno vinto la gara internazionale di robotica “Zero Robotics”, organizzata dall’Agenzia Spaziale Italiana con il Massachusetts Institute of Technology (MIT), la Nasa e l’Agenzia Spaziale Europea (Esa). Napoli conferma quindi il proprio primato nella robotica.

La fase finale si è svolta all’Agenzia Spaziale Europea di Amsterdam. Il team napoletano, guidato dai professori Salvatore Pelella e Ciro Melcarne, era in squadra con l’Istituto Avogadro di Vercelli ed una formazione americana.

«Assurdo!» hanno gridato non appena hanno avuto il risultato della vittoria, anche se proprio sorpresi non erano. «Speravamo di vincere – confessa Francesco – perché avevamo ottenuto buone prestazioni durante il percorso ma lì era comunque una sfida secca e tutto poteva accadere. In più, non sempre i satelliti funzionano correttamente. Non a caso, l’anno scorso la finale non si è svolta a causa di un guasto»

Lo svolgimento del concorso è difficile da comprendere per noi comuni mortali che non mastichiamo il linguaggio informatico e non siamo abituati a dialogare con i satelliti nello spazio.

Come funziona. Ogni anno viene assegnata una traccia con una missione da portare a termine?

«Ogni anno viene assegnata una traccia con una missione da portare a termine. Quest’anno dovevamo sviluppare un codice in grado di dare coordinate ai satelliti artificiali orbitanti intorno ad una stazione spaziale. Dovevamo programmare degli speciali robot denominati Spheres, ovvero dei particolari satelliti artificiali simil-sferici, a 18 facce, realizzati dal MIT e situati all’interno della Stazione Spaziale Internazionale».

Per i comuni mortali?

«Bisognava creare un codice per far muovere questi piccoli robot all’interno della stazione spaziale, robot che dovevano andare a  recuperare dei pezzi e portarli alla base e ogni pezzo ti dà dei punti», spiega il prof. di matematica Pelella.

Non è un videogioco.

«La differenza – prosegue Pelella – è che in un videogame interagisci, qui invii codici programmando tutti i movimenti che il robot deve compiere. Poi basta. La sfera si muove e tu non puoi più interagire. I codici della finale, ad esempio, li abbiamo consegnati il 6 gennaio per la gara del 27. Li inviamo al MIT e loro li hanno inviati al satellite per tre volte perché hanno protocolli di sicurezza rigidi. La parte più complessa è che devi tener presente l’avversario e le sue possibili mosse».»

Istituto Righi Napoli

Questione di abilità strategica oltre che di scrivere il codice?

«Certo. La difficoltà è proprio quella di prevedere tutte le possibili variabili e mosse dell’avversario, per questo abbiamo il nostro stratega. In finale siamo andati in tilt quando abbiamo visto che i greci avevano un modo di giocare anomalo e imprevedibile. Non andavano a prendere i pezzi (Item), ma inseguivano l’avversario e lo costringevano a fare degli urti o ad andare fuori dai confini, il che li portava a perdere punti. Inseguivano, evitavano le collisioni e finivano a zero»

In pratica vincevano ai punti come nel pugilato?

«Infatti. Quando sono arrivati in semifinale Francesco, il nostro stratega, si è messo le mani nei capelli e abbiamo sperato che perdessero. La loro è una strategia pericolosa, perché basta che l’avversario prenda un Item e hanno perso. Abbiamo avuto anche un po’ di culo, ma quello serve sempre».

 Francesco è lo stratega dunque, la pedina fondamentale per capire l’avversario. Ma come elabori le strategie della squadra, ti piacciono gli scacchi o altri giochi di strategia?

«Di solito penso sotto la doccia – dice tra le risate dei compagni – e cerco di analizzare come potrebbe andare. Mai giocato a scacchi, la mia passione sono le moto. È tutta questione di analisi, non è difficile. La difficoltà sta nel riuscire a scriverlo dopo sotto forma di codice»

Istituto Righi Napoli

Professor Pelella ma sono dei geni o studiano tanto?

«Hanno sicuramente culo, ma passione per quello che studiano, il giusto spirito competitivo ed anche le capacità e desiderio di imparare e di sacrificarsi»

Ma soprattutto hanno incontrato il professore giusto che è riuscito a trasmettere loro la passione. Non è da tutti riuscire a coinvolgere i propri alunni in qualcosa che va al di là degli obblighi scolastici e che presuppone impegno e studio aggiuntivo. Perché è giusto ricordare che, al di là delle targhe e della soddisfazione di essere arrivati primi, il concorso non prevede alcun premio per i ragazzi che invece hanno cominciato a prepararsi da marzo dell’anno prima. La ordinaria preparazione scolastica di matematica e fisica non sarebbe stata sufficiente per affrontare il concorso.

Cosa vi spinge a farlo?

«Le minacce! – urlano in coro prima di correggersi – In realtà ci piace e poi siamo i migliori perché stiamo bene in gruppo abbiamo creato un rapporto personale che va al di là. Siamo una squadra»

Una squadra affiata, ma una squadra esclusivamente maschile?

«Le ragazze non sanno programmare – rispondono ancora in coro – Non è così – li corregge il professor Pelella -,  l’anno scorso avevano cominciato due ragazze che facevano le strateghe, ma abitavano lontano. Non riuscivano a tornare a casa tardi come loro e hanno dovuto rinunciare»

Istituto Righi Napoli

Nonostante l’impegno per la gara che li ha impegnati fin da marzo, ciascuno di loro ha dovuto seguire normalmente la scuola e studiare tutte le altre materie. Niente agevolazioni nemmeno se sei campione del mondo di robotica.

«Una volta Riccio ci ha provato – interviene Pelella – mentre spiegavo la circonferenza chiacchierava col compagno di banco, quando poi siamo scesi per fare il laboratorio, mi dice “Professore mi può spiegare seno e coseno?“ Lo stavo facendo volare per le scale. Così hanno imparato che prima si studia il normale e poi si fa il resto, altrimenti sono fuori dal progetto»

Cosa ricorderete di questa vittoria e del tempo trascorso insieme in questi mesi?

«La serata panino a casa di Pelella – rispondono in coro – e poi “Ciripiripì Kodak“ che è la nostra firma nel codice dei Debug (ovviamente noi comuni mortali non potremmo mai capire cosa sono). Lo abbiamo preso a prestito dal professor Pelella perché quando sta spiegando e una cosa è scontata dice “Ciripiripì Kodak“ e così noi lo scrivevamo quando una cosa era scontata».

 

Questo il video girato dai collegi di RoadtvItalia

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