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Maradona al San Carlo è in linea con quel buonismo che sta riducendo Napoli a folclore

La furba ruffianeria piccolo borghese di “Made in Sud” e di Alessandro Siani è un tassello importante di questo processo involutivo.

Maradona al San Carlo è in linea con quel buonismo che sta riducendo Napoli a folclore

Un’operazione conformista

Leggo sul Napolista ma anche altrove una serie di articoli dedicati allo spettacolo al San Carlo che vede protagonista Diego Armando Maradona e alle conseguenti, inevitabili, polemiche. Resto piuttosto sorpreso da due atteggiamenti, la levata di scudi di chi vede profanato un luogo sacro, da un lato, una difesa ad oltranza, in nome, mi sembra di capire, di una visione aperta al nuovo, alla “società dello spettacolo” si sarebbe detto in altri tempi, dall’altro lato. In realtà, Maradona al San Carlo a Napoli non è bestemmia contro il templio sacro della musica, come assume essere il maestro De Simone (facendoci, certo, la figura del trombone, ma chi lo pensa non sa di cosa parla), invece è mero conformismo, nulla di davvero nuovo e dirompente.

In linea con i processi di appiattimento culturale

Tutto in linea con processi di appiattimento sui quali qualcosa pure dovrebbe essere detto. Triste, anche deprimente dirlo, dopo due anni appena dall’addio di quello che senza tema di smentita può esser definito l’ultimo grande cantastorie della città, anche la sua ultima voce critica di rilievo (e di qualche presa sui giovani). Scrivevo alcuni giorni fa sul Napolista, quando cominciavano a piovere su Sarri critiche che ritenevo viziate da una buona dose di ingratitudine e forse pregiudizio, che il problema dell’essere belli ma a volte innocui della squadra è il suo rispecchiarsi, in fondo, nella città, una Napoli che non sa essere più cattiva. A dispetto di quella che è la percezione odierna della città, vista dal di fuori (ma anche da molti dentro di essa) come gomorrica, violenta, spietata; una percezione plasmata dalla narrazione del male promossa dai vari Saviano e compagnia.

Manca la ferocia di Pugliese, Troisi, Eduardo e Pino Daniele

Napoli rischia di diventare mero folclore da mettere sul mercato, buonismo a tanto al chilo, laddove ci vorrebbe un po’ della ferocia dei Nicola Pugliese, dei Massimo Troisi, dei Pino Daniele, degli Eduardo (lui era cattivissimo, basta rivedere Napoli milionaria o anche solo, come accade nelle festività natalizie appena trascorse, un Natale in casa Cupiello). La furba ruffianeria piccolo borghese di “Made in Sud” e di Alessandro Siani è un tassello importante di questo processo involutivo. Che poco ha a che vedere, diciamolo, con la base della città, quella che nei suoi bassi ha partorito i “cattivi”, gli “impresentabili” neomelodici e nelle sue periferie writers e rappers.

Qual è la proposta culturale per Napoli?

Non la butto sul piano dell’indignazione: sono uno di quelli che non ce l’ha a morte con l’attuale giunta comunale, non più che con le altre che l’hanno preceduta, e che è infastidito da chi posta sui social network ogni santo giorno, per non dire ogni benedetta ora, contro Nalbero (che non mi piace ma nemmeno mi scandalizza e toglie il sonno). La metto sul piano di: ma che proposta culturale per questa città? Che ne vogliamo fare di Napule ‘e mille culure?

Il Pibe de Oro al San Carlo non è diretto da Kusturica, uno che giustamente dice di Diego come dell’opposto del “pollo corridore” (ogni riferimento ad altre persone e cose non è puramente casuale) e parla del Maradona “politico”, uomo “con istinto rivoluzionario”. Non viene a raccontarci, come ad un Minà, la sua storia, ciò che è stato e cosa avrebbe potuto essere ancora (nella pellicola del serbo/bosniaco è nel commovente finale).

Diego nelle mani di Siani

Maradona al San Carlo è nelle mani di Alessandro Siani. Quello amato dalla tv nazional generalista e da quella parte di Napoli che magari ironizza su D’Alessio, di certo vomita sui “deteriori” e “camorristici” neomelodici. Quello del politically correct di “Benvenuti al sud”. Quello che pensi: ma Gesù, che abbiamo fatto di male per passare da Totò e Peppino a questo qui (che poi è come dire: che abbiamo fatto per passare da “’O surdato nnammurato” a “Un giorno all’improvviso”). Ok, non dico niente, più niente su quest’operazione. Maradona può tutto. Noi cerchiamo di ucciderlo ma nun ce sta niente ‘a fa.

Si ascoltano sempre le solite voci

E pure Siani ha diritto ad esserci, come i giallisti di successo, come la Notte della Taranta in Salento, come Reina fuori dalla porta ma dentro da Nennella, come le dirigenti scolastiche sui giornali che pontificano contro Enzo Dong, come i soliti soloni – filosofi, ex direttori di musei – che vengono chiamati a dire la loro su tutto (tranne sul cosa hanno intanto fatto loro, che rapporto ad esempio hanno avuto col potere), sempre gli stessi da trenta e oltre anni a questa parte (e nessuno che si prenda la briga di interrogare qualche voce nuova, che so, il direttore di questa testata, una penna vera come Francesco Palmieri, un giornalista curioso e brillante come Alessandro Chetta o uno acuto e mai banale come Angelo Carotenuto).

La piacioneria buonista e il papponismo

Poniamoci, però, tra di noi, sottovoce, sommessamente, sennò ci pigliano per pazzi, qualche domanda. Siamo certi ad esempio che quella piacioneria buonista, non abbia a che vedere con chi si lamenta a spiovere di De Laurentiis pappone quando questi fa il mercato ma poi non dice nulla sulla pessima gestione dell’affare dei biglietti di Napoli-Real? Nulla a che vedere coi commercianti che si chiudono dentro e stampano biglietti per parenti ed amici, poi chiudono bottega dicendo che, niente, è mancata la linea, i biglietti sono finiti, pigliatevela con la SSCN?

P.S. L’ho menzionato nel pezzo, io piango sempre quando lo vedo qui, per dire…

 

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