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La Champions League conferma che il fatturato logora chi non ce l’ha

La Champions League conferma che il fatturato logora chi non ce l’ha

Vuoi o non vuoi, alla fine, vincono sempre loro. I club più ricchi. E ne hanno pure pieno merito, perché ricchi forse lo erano già prima, certo. Ma lo sono diventati ancor di più grazie a una gestione intelligente, orientata a un futuro che esiste da sempre ma che loro hanno visto prima. E se qualcuno parla di gestioni poco trasparenti, di scandali interni (Beckenbauer-Hoennes, le sanzioni per il mercato e l’acquisto irregolari di minorenni per le spagnole, i rapporti poco chiari tra le società di costruzioni di Florentino Perez e gli acquisti del Real) non scoperchia nessun calderone sigillato. Tutti hanno scheletri nell’armadio. Solo che qualcuno ha la possibilità di acquistare armadi più grandi in cui nasconderli e da cui è difficile farli saltar fuori. 

Sono Bayern Monaco, Real Madrid, Barcellona. Tre delle otto qualificate ai quarti di Champions. Tre delle prime quattro squadre nella classifica del fatturato nella Deloitte Football Money League. L’altra, esclusa d’eccezione, è il Manchester United, di cui parleremo dopo. Intanto loro tre, che arrivano ai quarti per la quinta stagione consecutiva. E poi vanno avanti, sempre o quasi: il Real ha cinque semifinali su cinque, Barcellona e Bayern giusto una in meno. Poi, ci sono state sempre. Nel 2011/2012, 2012/2013 e 2014/2015 hanno fatto ein plein. Nel 2011 sono mancati i bavaresi, eliminati agli ottavi dall’Inter; nel 2014 assente invece Messi buttato fuori dall’Atletico Madrid giusto ai quarti. Come dire: a parte casi eccezionali, tre posti su quattro nelle semifinali sono ipotecati. Poi c’è il quarto incomodo che indovina la stagione e può arrivare anche in finale (Borussia 2013, Atletico 2014, Juventus 2015) o più raramente vincere (Chelsea 2012). Altrimenti, ci sono loro. E non c’è scampo.

Vi avevamo promesso e preannunciato una digressione su quella che è la terza squadra più ricca secondo Deloitte, il Manchester United. Che, in qualche modo, è la squadra-madre del Bayern in queste particolari dinamiche: tre finali e una semifinale tra il 2008 e il 2011, prima del tramonto della gestione Ferguson e del crollo verticale in Europa prima e in Premier League poi. Giusto nel periodo in cui il Bayern ritrovava sé stesso ritornando in finale nel 2010 (sconfitta contro l’Inter), a nove anni dall’ultima finale che poi fu anche l’ultima volta in cui i bavaresi superarono lo scoglio dei quarti. Come dire: escono i Red Devils, in rifacimento strutturale, entrano i bavaresi. Ma il concetto resta uguale: i più ricchi vincono sempre. E se non vincono proprio, ci vanno vicinissimi. E la stessa cosa, ora, sta iniziando a succedere più o meno per quella che è la quarta iscritta a questo partito, il Psg. Che è arrivato per il terzo anno consecutivo ai quarti di finale, sogna la prima semifinale e intanto ha portato il suo fatturato fino al quinto posto in Europa, a 480 milioni. Ma qui ci sono gli sceicchi che sono una storia diversa. 

Poi c’è il calcio, che è bello per questo. E che può raccontare altro, come abbiamo fatto noi: l’eccezione Atletico Madridla favola del Leicester. E poi il Napoli, perché no, pur se nell’ormai piccolo giardino che è il campionato italiano, con la Juventus decima nella classifica europea del fatturato e poi Inter, Milan e Roma nella top 20. La Juve che resta comunque imparagonabile alle cifre delle tre big che quando il gioco si fa duro per davvero (la Champions, appunto) non scompaiono mai dai radar. Basta leggere le cifre: i bianconeri fatturano 323 milioni l’anno. Il Real 577. Poco meno del doppio. 

Chiedersi perché e percome alla base di questo gap e di questi risultati vuol dire trovare le motivazioni che portano la Juventus a essere il Real del campionato italiano e a essere il Napoli della Champions. Questione di lungimiranza, di investimenti. Di stadi, innanzitutto: Camp Nou e Bernabeu incidono per i due terzi dei ricavi di Real e Barcellona, l’Allianz Arena ha garantito al Bayern introiti per 88 milioni di euro. Con biglietti in vendita, talvolta, a 7,50 euro. Sì, avete letto bene. Calcio e finanza, in questo articolo, spiega che questa politica dei prezzi accessibili, che permette allo stadio di essere quasi sempre pieno, nasce da una scelta precisa della dirigenza bavarese: grazie ai tagliandi per Lounge e Business Area, più cari degli altri comparti dell’Allianz Arena, il club riesce infatti a vendere biglietti in piedi anche a questi prezzi. 

Ma, ovviamente, non basta solo lo stadio. Che permette di tenere alti i ricavi anche in assenza di risultati sportivi. C’è dell’altro, però: soprattutto una gestione oculata del mercato, basata principalmente sul continuo aumento del valore della rosa. Secondo Calcio e Finanza, le tre big hanno aumentato la valutazione del proprio organico di 620 milioni nelle ultime cinque stagioni. Il maggior surplus è quello del Bayern Monaco, che dai 284 milioni del 2011 è arrivato fino ai 578 di oggi (fonte Transfermarkt). Da qui, è semplice capire come sia andata: grosse potenzialità economiche di base, continuo potenziamento del roster attraverso il mercato e acquisti di grandi campioni. Che assicurano risultati, ma anche di accrescere le vendite legate al merchandising. Si stima che l’acquisto di James Rodriguez da parte di Florentino Perez, estate del 2014 (80 milioni al Monaco) abbia portato alla vendita di 350mila camisete con el diez e la scritta James in soli tre giorni. Il che vuol dire rientrare della metà della cifra inviata nel Principato in sole 72 ore.

Per questo vincono sempre loro, le stesse squadre, o almeno ci vanno vicinissime. E succederà ancora per un bel po’, anche perché “loro”, le big three, sono le uniche squadre in grado di superare i 2mila milioni di fatturato aggregato (somma degli ultimi cinque anni) e, insieme, di produrre utili. Non come Chelsea, Psg, Manchester City o lla stessa Juventus, che per mantenere questo livello sono in perdita oppure raggiungono quest’anno il primo utile di bilancio (il caso dei bianconeri). No, non come loro. Nemmeno come il Napoli, che resta in attivo negli ultimi otto anni, poi va in rosso per due anni senza Champions. Loro vincono perché hanno investito, e viceversa. E hanno pure incassato, al netto di qualche virtuosismo con le banche che però è universalmente riconosciuto e accettato, anche dalla Uefa e dal suo stringente Fair Play finanziario. C’è poco da fare. Vincono sempre loro. 

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