Il taccuino di Benitez / Chiamatemi don Rafe’ l’ultima volta. A modo vostro mi avete voluto bene, anche se adesso non lo sapete ancora

Chiamatemi don Rafè, questo vi dissi il primo giorno. Non mi faceva impazzire, ma sempre meglio di come mi vorreste chiamare adesso. Il calcio è un’esperienza di psicologia collettiva. Qui l’incanto è durato fino al primo pareggio in casa, 1-1 con il Sassuolo.  Poteva finire meglio, ne sono consapevole. Spero che non dobbiate dirlo a […]

De Laurentiis pensa a Benitez
  • Chiamatemi don Rafè, questo vi dissi il primo giorno. Non mi faceva impazzire, ma sempre meglio di come mi vorreste chiamare adesso.
  • Il calcio è un’esperienza di psicologia collettiva. Qui l’incanto è durato fino al primo pareggio in casa, 1-1 con il Sassuolo. 
  • Poteva finire meglio, ne sono consapevole. Spero che non dobbiate dirlo a molti altri colleghi dopo di me. 
  • Non sono riuscito a farmi capire. Sin prisa pero sin pausa significa che se andiamo all’intervallo sotto di 2-0 un tifoso deve mettersi un pochino di quel peso sulle spalle. 
  • Spalla a spalla, questo vi lascio. 
  • La difesa a tre di Pioli puntava a soffocare Higuain nel cuore e a togliere corridoi per gli inserimenti ad Hamsik. Avremmo dovuto martellarli sulle fasce, costringere i loro esterni a rientrare sulla linea difensiva, oppure i tre centrali ad allargarsi. Non ci siamo riusciti.
  • Avevamo gambe di piombo, come i soldatini, persino i più brillanti fino all’ultima partita non riuscivano a saltare l’uomo. 
  • Volevamo nuotare senza arrivare morti sulla spiaggia. Ma certe volte l’agonia è peggio della morte.
  • El que en abrile riega, en mayo siega. Invece abbiamo raccolto a fine dicembre. 
  • Se metto in fila gli episodi in cui mi pare che la nostra stagione abbia preso una brutta piega, viene fuori una coda lunga quanto gli ingressi al Prado nel giorno in cui si paga metà biglietto.
  • Il turnover. Non sono riuscito a farvelo accettare. Ricordate la storia? Un padre e un bambino camminano con un asino. Un giornalista li osserva e dice: “Guarda questi due che camminano, uno potrebbe andare sopra l’asino così farebbe meno fatica”. Il papà sale allora sopra l’asino ed ecco che arriva un secondo giornalista che li vede e dice: “Guarda, il papà sale sull’asino e lascia il bambino a piedi”. Allora il papà scende, fa salire il bimbo ma arriva un terzo giornalista che dice: “Guarda, lui così vecchio a piedi e il bambino giovane è sull’asino”.  Per questo i due cambiano ancora e arriva un altro giornalista che a sua volta dice: “Guarda, in due su un asino, povero asino”.
  • Questa storia avrei dovuto raccontare a Sky, anziché fare silenzio stampa.
  • Neanche loro l’anno prossimo faranno la Champions, eppure non credo che accusino i loro manager di aver fallito la gara d’asta.
  • Ci può stare.
  • Rimanendo seduto e scrivendo ho vinto una Champions. Ma anche qui non siamo andati proprio male. Spero di avervi fatto divertire, spero che di me vogliate ricordare le belle emozioni vissute insieme, non solo ciò che vi aspettavate e che non potevamo proprio dare.
  • A questo penso, ai rimpianti, mentre Marchetti perde tempo. Calcio italiano di merda.
  • Guardo questa rimonta disperata che stiamo cercando, senza forze, senza gambe, di soli nervi, nervi e cuore, e ripenso alle fradi pronunciate in questi due anni.
  • Non si cambia idea ogni settimana, anche questo ho detto, inascoltato. Un giorno eravamo da scudetto, un altro eravamo da buttare. 
  • Se Higuain non sbaglia il rigore del 3-2, chi può dire che cosa succede?
  • Non mi piace quando si parla di Napoli città speciale. È un atteggiamento che va cambiato. Lo dissi e ne sono ancora convinto. Spero di tornare un giorno in una città normale, uguale a tante altre. 
  • Napoli è una città che ha tante cose da insegnare. Sono gli stessi napoletani a dire “Ma noi siamo diversi”. La diversità è una ricchezza quando si sta insieme, quando si è squadra.
  • Napoli non può vincere ogni 25 anni. Non fatemi leggere per troppo tempo articoli in cui si ricorda che Benitez fu l’ultimo a riuscirci, tanto tempo fa. E’ un rischio a cui De Laurentiis non deve esporvi.
  • Il tram a muro. Sì, me lo ricordo che cosa significa il tram a muro. Lorenzo, tanti auguri anche a te, calciatore cambiato, più completo. Va’ e credi di più alle tue gambe. 
  • Sono stato messo all’angolo da stampa e tv anche perché ho provato a difendervi. L’ho fatto perché ci credevo. I cori contro Napoli non sono accettabili. Hanno sentito una mia frase ma non i cori anti-Napoli. E’ dovuto venire un uomo dalla Spagna per dirlo. 
  • Aziendalista, così molti mi hanno chiamato. Ma chi non è aziendalista vuole il male di se stesso. Aziendalista significa desiderare che tutto vada bene nel posto in cui lavori. Cosa dovevo fare il 15 agosto? Dire che non mi prendevano i giocatori che volevo? Dovevo andarmene?
  • Chi vorrei al Napoli? Mascherano era una buona proposta, ma anche Kim Basinger mi piace. Questo dissi. Chi voleva capire, quel giorno ha capito.
  • Devo parlare con il cuscino. Quanti giornalisti ho fatto arrabbiare con la storia del cuscino. Sono permalosi, i giornalisti napoletani. Permalosi e vendicativi. Ma non dovevano stare spalla a spalla con me, perché in verità nemmeno io sono stato spalla a spalla con loro. Dovevano stare spalla a spalla con il Napoli. 
  • Invece no. Invece se dice che il nipote del vicino della cugina di una signora che lavora facendo la pulizia a casa di un calciatore del Napoli, dieci anni fa ha detto che il mister ha avuto un problema con un calciatore; questo significa che il calciato

  • Invece no. Invece se dice che il nipote del vicino della cugina di una signora che lavora facendo la pulizia a casa di un calciatore del Napoli, dieci anni fa ha detto che il mister ha avuto un problema con un calciatore; questo significa che il calciatore va via e questo significa crisi a Napoli. Auguri.
    Chiamatemi don Rafe’. Una volta ancora. Come il primo giorno. E’ stato bello il primo giorno. Fare progetti, immaginare, sognare, seminare, raccogliere, pensare di poter andare oltre.
    Chiamatemi don Rafe’ anche stasera che esco dal campo con il taccuino chiuso, la penna nel taschino, sarebbe stato inutile prendere ancora appunti stasera.
    Chiamatemi don Rafe’ anche ora che tengo lo sguardo basso, mi sarebbe piaciuto salutarvi con un giro di campo, credevo di meritarlo per aver teuto in piedi un Napoli che poteva sfasciarsi dopo aver perso nella stessa estate Mazzarri e Cavani.
    Chiamatemi don Rafe’, perché oi vita mia è immensamente più bella di you’ll never walk alone, ma non la cantate mai, siete i primi a farvi male da soli. Napule è tutto nu suonno e ‘a sape tutto ‘o munno, ma nun sanno ‘a verità.
    Chiamatemi don Rafe’ l’ultima volta. A modo vostro mi avete voluto bene, anche se adesso non lo sapete ancora.
  • Il Ciuccio
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