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Marco, napolista d’Olanda, poco rafaelita, fa arrabbiare il figlio perché esulta troppo ai gol

Marco, napolista d’Olanda, poco rafaelita, fa arrabbiare il figlio perché esulta troppo ai gol

Marco Rescigno ha 46 anni, è sposato, ha due figli e un grandissimo buco nel cuore causato dal non poter mangiare ogni giorno “salsicc’ e friariell’”. Impiegato, soprannominato ‘o russ per capelli rossi (ormai diventati castani), vive a Koetlaan – Delft, Olanda, dove si è trasferito per amore nel 2003. La sua Leyla gli ha rapito il cuore con la sua bellezza, la dolcezza, gli occhi blu e la sua mediterraneità: “È per metà turca – spiega – Le mie donne sono diverse”, sorride. A Napoli viveva in via Salvator Rosa, che è anche il luogo della città cui è naturalmente più affezionato. Della sua città, che considera una mamma, gli mancano i colori, gli odori e i sapori. Gli manca moltissimo anche il Napoli in maglia azzurro cielo. Il caffè lo beve ristretto, con molto zucchero, la tradizione che lo affascina di più è il presepe. Dice che certo non “abbasta che ce sta ‘o sole”, ma che “ce vo’ pure ‘o mare”.

La sua prima partita allo stadio è stata Napoli-Fiorentina 1-1, stagione 1986-87 (partitina per nulla storica): per lui il San Paolo è “il San Carlo del calcio”.

Il Napoli è la sua “fede incrollabile”, ma il rapporto che ha con il Napoli di Benitez è burrascoso: “Spesso non capisco le scelte di Rafa”, spiega. Crede che ci andrà bene se in campionato finiremo terzi. Il giocatore che ama di più è Manolo Gabbiadini, perché è “tecnicamente un mostro” anche se giovane; pensa che dovrebbe giocare sempre: «È italiano – dice – e nel Napoli ci sono troppi “furastieri”».

La partita la vede a casa, in streaming. È quasi commosso per i ricordi che gli suscita vedere Reja sulla panchina dell’Atalanta. Impreca fin dai primi istanti perché, dice, “l’Atalanta è una squadretta”.

Nell’intervallo si prepara un caffè e fuma una sigaretta. “Iastemma” un pochino via whatsapp con gli amici del fantacalcio, che chiedono l’entrata in campo di Mertens al posto di Gabbiadini: “Amma vuttà ‘sta pall ‘aint!”, sentenzia, mentre Lazio e Roma vincono. Leyla viene in suo soccorso portandogli due mandarini sbucciati: ah, l’amour. Al gol dell’Atalanta quasi gli si spacca una coronaria, ma poi arriva Zapatone e… si scetano i creaturi! Una volta, ci racconta Marco, i vicini chiamarono la polizia perché non potevano immaginare che in Olanda, affianco a loro, ci fosse un tifoso del Napoli a guardare una partita di serie A. Da allora si è un po’ calmato, ma solo un poco: il figlio, infatti, stasera, si arrabbia perché gli aveva chiesto espressamente di non urlare in caso di gol e i gatti saltano per la paura. Insomma, diciamo che Marco l’olandese esulta da “napulitano” e aggiunge che l’arbitro si droga, perché se ammonisce due dei nostri e non D’Alessandro che butta via il pallone non ci sono altre spiegazioni.

Va a dormire scoraggiato: “Abbiamo fatto una brutta figura – dice – Siamo il Napoli, una grande squadra, non possiamo pareggiare contro una squadretta in 10. Che lutto – conclude – Ci vuole qualcosa di pesante. Una droga, tipo quella che ha preso l’arbitro”.
Ilaria Puglia

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