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La resa di Napoli sui colerosi è il risultato di 25 anni di leghismo. Siamo sudditi, culturalmente e politicamente

Nelle redazioni napoletane dove leggono questo sito, ci sono stati un po’ di sorrisi condiscendenti. Ci hanno considerato molto pizza e mandolino, molto “napoletanisti”, molto “brave persone” con tanto tempo da perdere. Credo che lo stesso ragionamento lo abbiano fatti tanti intellettuali rimasti silenti sul punto. Avranno pensato, questi si mettono a fare una battaglia di retroguardia, non vogliono che ci insultino negli stadi, figuriamoci. In altri termini, in questi giorni mi sono mancati un po’ di pareri di un Claudio Velardi o di un Gino De Giovanni. Ci avrebbero illuminato. Perfino i prevedibili insulti del primo.
La loro ragione e il nostro torto è che noi abbiamo peccato per omissione. Non abbiamo introdotto nel ragionamento l’elemento della politica. La curva di uno stadio è l’ultimo scalino, il tubo di scappamento della macchina del linguaggio, è la valvola di sfogo del senso comune. Guidatori, volante, motore e benzina stanno molto più in alto. E in alto, in questo paese, a partire dagli anni ‘80, c’è stato un partito che ha prosperato al nord su quei temi, quelle parole e quei sentimenti.
Poi quel groviglio di umori e programmi politici sono andati al governo. Hanno fatto agenda ed hanno fatto “egemonia” culturale. Non si è trattato solo di folclore borgheziano. Rami d’azienda sono stati spostati dal sul al nord per salvare l’occupazione lassù. Rubinetti si sono chiusi, e forse andavano chiusi, ma al loro posto è rimasta l’irrisione e l’ostilità. Insomma in questi ultimi venticinque anni l’odio per il sud e per la sua maggiore città hanno girato forte nelle vene di questo paese (certo, la maggiore città ci ha messo del suo)
La politica cammina piano, anche nei media, ma poi arriva al sangue di una comunità e di un paese. E si fa cultura delle persone. Ecco perché poi basta una spallata del Milan e una norma varata quindici anni fa viene cancellata in tre giorni, come dice bene e con grande equilibrio Mario Sconcerti sul Corriere di oggi. Ma la spallata raggiunge il suo scopo perché quella norma era stata erosa, indebolita, delegittimata dal senso comune – io penso poi che il “governo” dello sport sia ingenuo e autodistruttivo, perché regole troppo severe sono fatte per non essere applicate e ipotizzare il 3-0 a tavolino è stata forse la molla finale del rinculo politico di questi giorni.
Ma il succo è che chi ieri si scandalizzava per un “terrone, napoletano coleroso puzzi come un cane”, oggi pensa ad altro. E ha altro cui pensare. Anche il napoletano, che forse comincia ad essere d’accordo, c’è chi lo fa in continuazione. Capita anche al meridionale che ha interiorizzato tutto questo e lo trasforma in avversione nei nostri confronti. Forse si scandalizzerebbero a sentirselo dire, ma molti napoletani hanno fatto questo: hanno interiorizzato la Napolifobia. E che altro hanno fatto i ragazzotti della Curva B? Ma in Curva B Freud non è arrivato. Lui era ebreo.
Vittorio Zambardino

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