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Ora, però, non ricominciamo con la signora Callejon

Vi prego, non cominciamo, con “Lady Callejon” che dice ma poi sdice, no, non ho detto niente di male, a me Napoli piace, l’umanità è così calda ecc ecc.
Io sono fissato, nel senso di avere un’ossessione secondo la quale credo che parlare meglio significhi essere migliori. Allora, facciamoci una croce a inizio anno e convinciamoci che se una moglie di calciatore dice che questa città fa schifo non è che la premiamo. Ma non ne facciamo neanche una tragedia nazional cittadina ogni volta. Cerchiamo di non seguire il protocollo Roberto Bolle. Ricordate cosa successe con Bolle?

Che dopo certe dichiarazioni palesemente, evidentissimamente vere, quello è andato addirittura in tv per dire che non aveva mai voluto dire quello che voleva. E noi tutti soddisfatti, giorni e giorni di titoli alla De Filippo – eh no, e quello non lo voleva dire, sono stati gli altri che gliele hanno messe in bocca, le male parole. Mentre, diciamocelo, non c’è niente di più disgustoso dell’ipocrisia per giunta mal nascosta.

Questa impermalita suscettibilità del pubblico napoletano e dei suoi giornali è uno dei pilastri dello stereotipo con il quale veniamo ridicolizzati ed emarginati nel “discorso pubblico” del paese. Una delle forme della nostra autoreferenzialità da sottosviluppati. Vogliamo provare ad essere gente matura? Vogliamo provare – dico di più – a dare un colpo, bello forte al “format Napoli” che domina nei media nazionali? Uno dei suoi punti di forza, insieme a inefficienza, maleducazione, classi dominanti ridicole, inconcludenza anche calcistica, è: sono permalosi.

Basterebbe dire: gentile signora Callejon, caro Bolle, illustrissima signora Lavezzi (o fidanzata, neanche me lo ricordo più), Napoli non vi piace. Avete ragione: a Napoli siete stati scippati, a Napoli avete sentito puzza di spazzatura, visto un povero disgraziato dormire sotto i portici di un teatro con un rigagnolo di orina che partiva dai suoi pantaloni, e forse volevate fare uno struscio tra mille negozi e ne avete trovati solo una decina, forse meno, al livello delle vostre sfondatissime e ricchissime carte di credito.

Ebbene, signori disgustati: avete ragione.

Anche noi sentiamo la puzza della spazzatura. Anche noi proviamo un conato di disgusto di fronte alla mancanza di pudore della miseria napoletana, che certe volte sembra voler esibire il suo orrore. Scippano e rapinano anche noi, mica solo voi. È tutto vero. Noi però continuiamo ad amare questa città perché ne conosciamo le parti degne di essere ricordate: la sua storia, la sua arte e perfino la sua cultura in senso antropologico, quella stessa che produce la mancanza di pudore. Ne conosciamo la “ragione di esistere”. A noi – che si sia rimasti a vivere qui o che qui si ritorni per amore dei nostri cari vivi o morti – ci tiene legati l’amore. E a voi?

Voi non potete sentire amore, perché siete qui per lavorare e giustamente non volete essere violentati dai “mali storici” con i quali noi conviviamo da complici, quasi. Avete ancora una volta ragione. Però poi vedete: se danzate vi applaudiamo e lo facciamo in un teatro del settecento. Se giocate a pallone vi facciamo guadagnare bene e vi lanciamo su palcoscenici ancora più belli e ricchi. E potrebbe capitare che, guardando qualche tramonto dalle vostre bellissime case in collina o dai vostri alberghi sul lungomare voi proviate, come succede a noi ogni giorno, quella commossa sensazione di “appartenere” a questo luogo. (Altra questione è se siete delle sottoproletarie di periferia che vogliono affocarsi di denari e gioielli, ma questo direi di non scriverlo altrimenti viene meno tutto l’atteggiamento laico e civile, correttore, ELIMINARE).

Ma questo no. A voi la tolleranza per amore non è richiesta.

Noi invece tutto questo lo chiamiamo amore, il meno socializzabile a terzi dei sentimenti. Vi preghiamo di sopportare il fetore che vi è collegato. Stiamo facendo di tutto per non farvelo sentire. E per il momento vi chiediamo di essere un po’ pazienti. In fin dei conti se siete qui è perché vi conviene. Cercate di non sputare anche voi nel piatto nel quale, sia pure per una sera o un anno solo, mangiate. E quindi se permettete, alle vostre dichiarazioni diamo il peso che meritano: zero. O quasi zero, diciamo dieci righe in settima di cronaca, va.

Grazie, firmato: i napoletani laici e civili.
Vittorio Zambardino
p.s.
Che poi un discorso del genere si potrebbe fare anche sul capitolo: “Rispettare l’avversario, riconoscere il suo valore”. Per esempio si potrebbe fare sulla Juventus. Dichiarando guerra una volta per tutte a “Rubentus” e monnezza verbale simile. Come diceva quello? “Chi parla male, pensa male, e vive male”. Ma per oggi fermiamoci a Lady Callejon o Lady Lavezzi, che è più lei che avevo in mente.

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