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Cosa resterà di quella pallonata di Boateng?

Non credo alle chiacchiere e alle norme “buoniste”. La legge non insegna a esser civili. Credo alla pedagogia dei gesti e alla repressione. La pallonata di Boateng ci ha reso più civili? A prima vista sembrerebbe di sì, ma non ci credo poi tanto.Schierato con il giocatore il padrone del Milan, che poi è il presidente del partito cui appartiene il reticentissimo sindaco di Busto Arsizio. D’accordo le alte sfere federali. D’accordo i media. Che vuoi di più dalla vita? Vorrei che l’invisibile coscienza di plastica dell’ipocrisia fosse meno dura da scalfire.

Non che Boateng sia un qualsiasi calciatore di serie C, che prima denuncia lo sporco del calcio e poi è costretto ad emigrare. Uno come lui non lo manda via nessuno. Semmai è lui – lo ha detto oggi – che vorrebbe andarsene. E non si esclude che lo abbia detto perché sente venir meno (o lo teme) certe solidarietà, certi appoggi, certe vicinanze. Perché quella pallonata è un gesto irripetibile che ti mette in fuori gioco con l’ambiente. Intollerabile per il sistema.

Quel pallone in curva ha lacerato la cupola di irrealtà in cui tutti ci immergiamo ogni volta che si gioca. Ha rotto la sacralità burocratica che lo sport si cuce addosso.

In suo nome abbiamo accettato di tutto in questo paese. Apologia di fascismo e nazismo, “ebreo” usato come insulto, “non ci sono negri italiani”, insulti ai morti, vilipendio dei vivi (e nel nostro piccolo di napoletani, quante volte ci hanno insultato? Per anni, a Roma, allo stadio sono stato un “terremotato”).

Questo è il paese dove, dopo la morte di Gabriele Sandri, c’è stata una rivolta in tutto il paese che ha messo in serie difficoltà la polizia, anche sul piano “militare”. Non si è riusciti a identificare i responsabili dello striscione dell’infamia contro il Torino in uno stadio dove ci sono più telecamere che cancelli d’ingresso.

Sì, a Napoli facciamo eccezione. Ma ve la sentireste di dire che siamo migliori? Io no. Anzi.

Se da quella pallonata nascerà qualcosa sarà un piccolo miracolo. A quel punto la reazione di Prince resterà nella piccola storia del calcio italiana come una rottura degli equilibri dell’ipocrisia. Ancora una volta, il coraggio hanno dovuto darcelo, perché noi non abbiamo saputo darcelo da soli.
Vittorio Zambardino

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