Dio salvi il turn over

Il Napolismo versione 2012/2013 è una religione ambigua, che genera reazioni opposte alle liturgie del giovedì e della domenica: nel primo caso, bestemmia libera; nel secondo, alleluia giubilanti. Beninteso: è una religione ambigua per i fedeli, non per quelli che la professano, che sono talmente convinti della strada intrapresa da rendere impossibile tirarli indietro – […]

Il Napolismo versione 2012/2013 è una religione ambigua, che genera reazioni opposte alle liturgie del giovedì e della domenica: nel primo caso, bestemmia libera; nel secondo, alleluia giubilanti. Beninteso: è una religione ambigua per i fedeli, non per quelli che la professano, che sono talmente convinti della strada intrapresa da rendere impossibile tirarli indietro – che la strada porti al baratro o alle stelle, lo scopriremo a maggio.

Oggi è venerdì, ed allora: bestemmia libera. Da ieri, quante se ne sono sentite. I “Mazzarri deve andarsene” generano sbadigli al livello dei “Vargas va aspettato”, e sono superclassici inossidabili; poi s’è arrivati a dubitare di Insigne, a parlare di titolarissimi in Europa, e lì c’è da riflettere. Ho letto/sentito molti che vogliono la prima squadra a giocare la minima competizione continentale. E dicono: così al Dnipro gli mettiamo cinque palloni in mezzora, e poi li sostituiamo, i titolari. Sì, con un gioco di prestigio: ne togliamo nove e ne mettiamo tre. Matematiche opinabili.

Ma perché non ce ne freghiamo, di questa coppa? Perché le spagnole e le portoghesi, invece, vanno sempre avanti, e vincono, e sono comunque vittorie continentali, quindi importanti? E invece noi ci preoccupiamo solo del campionato?

Lo pensavo stamattina, in un discorso con un amico. Personalmente credo che le spagnole agiscano al contrario: non si preoccupano del campionato e riversano in Europa le forze maggiori. Tanto più che la Liga, per come la vedo io, da tre anni a questa parte è diventata una barzelletta – oh, a me fa ridere vedere la prima che distanzia la seconda di tre-quattro lunghezze, e poi la seconda che supera la terza di venti-trenta punti. Il campo in cui si può lottare e vincere, per loro, è l’Europa League. E per quanto riguarda il campionato portoghese, non credo sia di così gran livello (aspetto smentite): ci sono buone squadre, che giocano un buon calcio e che, non faticando troppo in campionato, possono concentrarsi sulla vecchia Coppa UEFA – esempio: lo Sporting Lisbona dell’anno scorso – o addirittura sulla Champions – il Porto di Mourinho, ma quella fu una magia.

Il livello del campionato influenza il cammino delle squadre in Europa; e quello della Serie A potrà anche essersi abbassato, ma il nostro massimo campionato (forse al pari con la Premier) rimane il più difficile del globo. Un campionato pieno di insidie, in cui l’Inter può perdere in casa col Siena ed il Napoli perdere nove punti in due anni contro il Chievo (li affrontiamo domenica, non dimentichiamolo). Quest’anno, poi, è un campionato in cui molte delle grandi sono cantieri aperti, alle prese con ricambi generazionali e fair-play finanziario, e in cui i campioni uscenti sono impegnati in Champions. Per me, potrebbe essere l’anno di una sorpresa: e allora, perché non riversare lì tutte le forze, come fa l’Atletico Madrid con l’Europa League?

Dall’Europa bisogna trarre la crescita per i giocatori più giovani, sperando che le sconfitte servano a fortificarli e non a demoralizzarli. E speriamo che qualcuno si batta, nelle sedi opportune, per portare anche in Italia le “squadre B”, come in Spagna e in Germania: esperimento tanto vociferato e mai attuato; se ci fossero, magari parleremo d’altra cosa, di una squadra che perde ma che almeno gira. Questo ci vorrebbe, altro che panchine lunghe.

Per concludere, l’ho già detto più volte, e lo ripeto: sul turnover totale, io sono d’accordo con la società. Se non dovessimo arrivare in cima, e nemmeno in Champions, almeno chiuderemo il campionato senza rimpianti, senza quei tanto fastidiosi “se”. L’unico dispiacere è per i tifosi che sono arrivati fino in Ucraina, e fino ad Eindhoven, per assistere a così desolanti spettacoli. Ma la società ha programmato così, e bisogna accettarlo.

Turnover. Punto.
Antonio Cristiano

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